La capitale italiana dei trapianti di cuore è in Puglia. Prof. Bottio: “Il mio compito è salvare vite senza preclusioni”.
Il Policlinico di Bari si conferma centro di eccellenza cardiologica per quanto riguarda i trapianti di cuore, con risultati da capogiro degni dell’iscrizione nell’albo d’onore del guinness dei primati. Sei trapianti in una settimana questo il risultato di un particolare, articolato e ben coordinato lavoro sinergico messo in campo, in sinergia con la sua equipe, dal professor Tomaso Bottio, direttore dell’unità operativa complessa di cardiochirurgia trapiantologica del nosocomio del capoluogo pugliese. Una eccezionale impresa clinica e organizzativa resa possibile grazie alla sinergia tra le reti nazionali e internazionali di donazione. I cuori sono stati prelevati dall’équipe del Policlinico, in tutta Italia e in Europa. Gli espianti sono stati effettuati a Nuoro, Roma e Padova, in Grecia ad Atene e in Francia a Perigueux e Tolosa. Sei delicatissimi interventi chirurgici salvavita che hanno ridato la speranza ad altrettante persone affette da gravi patologie cardiologiche terminali. L’ultimo dei sei interventi è stato effettuato con il protocollo “DCD – donation after circulatory death”, ovvero mediante donazione avvenuta dopo la morte cardiaca e, quindi a cuore fermo. Operazione, quest’ultima, che deve essere portata a termine entro un tempo massimo di quattro ore per evitare ischemie e danni irreversibili all’organo e, quindi, inutile il trapianto. Su queste basi, il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria barese Antonio Sanguedolce ha annunciato il tra dieci giorni “sarà creato un <<Centro Cuore>> che verrà realizzato nel padiglione <<Asclepios 3>> e diventerà il fulcro di un modello integrato per la diagnosi, il trattamento e il follow-up delle patologie cardiache complesse. “In pochi giorni”, spiega emozionato ma, al tempo stesso, commosso e determinato, Bottio, “abbiamo affrontato una sfida che richiede un’organizzazione chirurgica, anestesiologica, logistica e clinica estremamente sofisticata. Basti pensare, per esempio che i cuori sono stati prelevati a centinaia di chilometri di distanza, anche all’estero, e, per questo, ringrazio la generosità dei professionalissimi cardiochirurghi della mia équipe, che non si tirano mai indietro quando si tratta di affrontare un viaggio per non lasciare un nostro paziente privo della possibilità di un trapianto”. Per ottenere questo tipo di lusinghieri risultati occorre utilizzare, anche, avanzate tecnologie per la conservazione e il trasporto degli organi. Non è un caso che da giugno del 2024 il policlinico di Bari, si è dotato di un dispositivo innovativo che consente il trasporto del cuore in un ambiente sterile e termicamente controllato, con monitoraggio in tempo reale di temperatura, posizione e stato dell’organo. “Questo sistema”, spiegano i medici del reparto ospedaliero barese, “ha standardizzato le modalità di conservazione, aumentando la sicurezza e l’efficacia anche nei trasporti su lunghe distanze”. Ma non sembra proprio essere tutto. Dalla direzione generale dell’ospedale fanno sapere che sono in corso le procedure per l’acquistare una piattaforma mobile per la perfusione a temperatura fisiologica del cuore espiantato. Questa tecnologia permetterà di ridurre i tempi di ischemia durante il trasporto, ampliare il numero di donatori potenziali e migliorare l’esito dei trapianti. Dati alla mano, spiega Sanguedolce, evidenziano il fatto che “il policlinico barese è oggi il centro con la più alta attività trapiantologica sul cuore in Italia con buone prospettive di diventare il primo centro in Europa. “Io faccio un lavoro come un altro il mio compito è quello di salvare vite e di allungarle”, commenta Bottio che ieri sera ha avviato le procedure per l’ottavo trapianto in favore di un paziente 38enne pugliese. L’equipe di Bottio composta da una ventina di persone nell’ultima settimana ha trapianto cuori su 2 donne under 50 una delle due testimone di Geova e quindi effettuando l’operazione senza trasfusione. Gli altri quattro pazienti sono uomini sulla settantina due pugliesi e due no. Per loro l’aspettativa di vita secondo letteratura scientifica è dell’80 per cento per il primo anno e del 50 per cento nei successivi dodici. “Dobbiamo cercare di dare a tutti i pazienti una possibilità di vita. Non dobbiamo escludere nessuno, senza farci spaventare dalle condizioni generali del paziente, quando è possibile va data una possibilità a tutti. La mia è una missione che mi da vita”, commenta il cardiochirurgo.