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La farsa assume il contorni del melodramma del non essere né carne né pesce

All’indomani dell’incontro ferragostano tra il presidente americano Trump e quello Russo Putin emerge un quadro del mondo tutt’altro che incoraggiante. Ma a pagare politicamente il conto più salato è l’Europa o meglio L’unione Europea che come al solito risulta essere una entità senza una precisa e univoca. Se dal un lato il “dazista” a stelle e strisce cerca di tentare di incassare un risultato da porre l’anno prossimo sulla bilancia delle elezioni a medio termine, dall’altro il discendente bolscevico di Mosca rilancia la mano per portare a casa la partita il tutto a spese della lungimirante razionalità politica che al momento sembra essere latitante da ogni dove. In questo bailamme tenta di imporre la logica della grandeur transalpina l’uomo solo dell’Eliseo, schiaffeggiato dagli ultimi risultati elettorali interni e non solo se si pensa al “buffo” ricevuto a Hanoi, in Vietnam, la sera dello scorso 25 maggio dal presidente ad opera della moglie Brigitte. Una leadership che il presidente che fece disputare le gare acquatiche olimpioniche nell’alveo dell’inquinata Senna, cerca di conquistare dopo che le è diventata precaria nel suo Paese e nel suo contesto familiare. Una scelta del cercare altrove quello che non puoi trovare dalle parti tue. A lui si aggiunge l’inquilino di Downing Street, indegno erede politico di un certo Winston Churchill che ai tempi che furono fu uno dei fautori del Piano Marshall. Dai radar sembra essere scomparsa la storica imponenza tedesca terminata con le ere di Helmut Kohl e, per dirla alla berlusconiana maniera della “culona” Angela Merkel.  Per il Bel Paese, poi, c’è lei la romanaccia doc, amica di Trump e riesumatrice del Piano Mattei, per l’Africa. Tutta una squadra eterogenea di soggetti, politicamente parlando, da campionato aziendale o torneo di parrocchia, senza, però, voler offendere le due iniziative sportive. Poi ci sono i fuori quota. Il presidente da avanspettacolo di Kiev, l’eletto tiranno di Gerusalemme e il violento Yahya Sinwar della Cisgiordania. Ma con questi atleti o soldati quale competizione o guerra si può vincere? Senza un’idea di gioco, in questo caso una oculata strategia politica che risultati seri possono venir fuori da vertici o summit. Annunci, proclami, diktat, ultimatum. Per dirla come quel famoso brano musicale del 1972 cantato dalla mitica Mina in duetto con Alberto Lupo: “Parole parole” la cui ultima strofa diceva: “Parole, parole, parole, parole, parole, soltanto parole, parole tra noi”. Ma di chiacchiere il mondo ne ha piene le tasche e non solo!