Matteo Salvini tra green pass e centrali nucleari
Ha generato forte stupore la mossa di Salvini di ritirare gli emendamenti della maggioranza sul green pass e di appoggiare, a voto segreto, quelli proposti da Fratelli d’Italia, all’opposizione. Naturalmente è arrivato il solito attacco di Letta, che ha definito i leghisti “un partito inaffidabile per il governo”.
Al Corriere della Sera, Salvini ha dichiarato di aver fatto tutto a carte scoperte, dopo aver informato Draghi, e ha precisato: “Noi votiamo tre o quattro emendamenti. E abbiamo ritirato i nostri perché in caso contrario avrebbero messo la fiducia e non ci sarebbe stata una discussione che io invece credo importante. Noi abbiamo portato a casa l’estensione di validità del green pass da 9 a 12 mesi, abbiamo messo in sicurezza gli albergatori che rischiavano di perdere clienti a pranzo e cena, ora stiamo chiedendo che i ristoratori non siano ulteriormente penalizzati”.
Oggi si vota ancora e se accoglieranno altre nostre istanze, pensiamo a temi come le disabilità e provvedimenti per le famiglie in difficoltà, noi andremo a dormire contenti di aver fatto il nostro lavoro.
Nell’intervista, ha poi trovato l’occasione di rispedire al mittente gli attacchi, su due temi di scontro tra Lega e Pd. Salvini si è nuovamente scagliato addosso alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese per la vicenda del rave di Viterbo: “Leggo che il rave di Viterbo non sia stato così imprevisto. E che addirittura, i camper in arrivo sarebbero stati scortati dalle forze dell’ordine. Quello sì che non sarebbe facile da capire – ha sottolineato Salvini – polizia e carabinieri che non impediscono e anzi addirittura scortano una colonna di coloro che sono andati immergersi per qualche giorno in un fiume di alcol e droga. Su questo, noi presenteremo immediatamente un’interrogazione”.
E sul ddl Zan, rincara la dose: “Il Pd è ormai il partito dell’ipocrisia. È da un anno che tengono in ostaggio il Parlamento con l’omofobia. E l’autore del provvedimento, Alessandro Zan, sul suo libro scrive come un guardone che ha visto un leghista baciare un altro uomo. Magari in Parlamento ci sono 20 leghisti gay, mai io non glielo chiedo prima di candidarli”.
Sul nucleare, Salvini ha precisato: “Io ho espresso la mia solidarietà al ministro Cingolani, minacciato di morte per le sue posizioni sul nucleare. Noi siamo il paese che importa più energia al mondo, e in unione europea ci sono 128 centrali. Noi siamo gli unici che non ne hanno, e quelli che pagano l’elettricità più cara. E dunque, proporremo in Parlamento un documento formale su questo tema”.
Negli anni Sessanta il Belpaese all’avanguardia sull’atomo: a Trino l’impianto più potente al mondo.
“Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic e di oltranzisti ideologici, che sono peggio della catastrofe climatica verso cui andiamo sparati se non facciamo qualcosa di veramente sensato sul nucleare si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione. Se a un certo momento si verifica che i chili di rifiuto radioattivo sono pochissimi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia”, sono le parole del ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, pronunciate nell’ambito del Forum Ambrosetti di Cernobbio, che hanno scatenato un putiferio e, sia all’interno della maggioranza, sia in seno all’opinione pubblica, il dibattito forse mai sopito sul nucleare è ricominciato.
I pro-nucleare fanno leva sulla novità e sulla maggiore sicurezza degli impianti: in Italia in effetti non esistono termini paragone più recenti degli anni Settanta. Ma il nostro Paese ha anche fatto da apripista nel momento in cui si stava sperimentando un utilizzo “pacifico” dell’atomo.
Il fronte dei contrari, in verità, è piuttosto composito e comprende manager ed ecclesiastici, tra gli altri. l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha detto che “non è realistico riconsiderare il nucleare, anche perché il ‘nuovo nucleare’ non è tanto nuovo come sembra”.
Alberto Bombassei, a capo del gruppo Brembo, si è invece speso in un plauso a favore della tecnologia di quarta generazione, che, sempre secondo il lombardo, “è molto innovativa, non è il vecchio sistema della fissione”. Decisamente meno entusiasta la Cei: “Bisogna stare molto attenti a dare al nucleare la patente di sviluppo”, ha detto il presidente della Conferenza, il cardinale Gualtiero Bassetti.
L’Italia ha iniziato a produrre energia nucleare all’inizio degli anni Sessanta e, nello stesso decennio, sempre di più, al punto di comparire al terzo posto – dopo Stati Uniti e Inghilterra – tra i maggiori produttori. Fu il risultato di una decisione presa nel 1955, nel corso della conferenza “Atomi per la pace” di Ginevra, che portò l’Italia a disporre di 3 impianti di prima generazione basati sulle tecnologie di tipo BWR e PWR, di origine statunitense, e di tipo Magnox, proveniente dall’Inghilterra: si trattava delle tecnologie più avanzate disponibili per l’energia nucleare negli anni Sessanta.
La prima centrale nucleare italiana fu costruita a Latina: si trattava di quella basata su tecnologia inglese. Fu ultimata nel 1963 e deteneva, al momento della sua costruzione, il primato, in termini di potenza, a livello europeo – 160 MWe lordi. Seconda in ordine temporale la centrale nucleare di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Il disegno dell’impianto fu di Riccardo Morandi, ingegnere e accademico che progettò anche il viadotto Polcevera a Genova, crollato nel 2018. Nel 1964 un consorzio misto di produttori privati e pubblici portò a termine la Centrale elettronucleare Enrico Fermi, all’epoca della sua costruzione la più potente al mondo: con un unico reattore, infatti, l’impianto era in grado di sprigionare 260 MW di potenza. Come sito per l’edificazione venne scelto il comune di Trino, in provincia di Vercelli. A sei anni di distanza dall’impianto piemontese, venne ultimata una quarta centrale nucleare a Caorso, in provincia di Piacenza. Molti anni dopo, nel 1982, fu quindi messa in cantiere la centrale elettronucleare Montalto di Castro, in provincia di Viterbo: il progetto prevedeva due reattori da 982 MW di potenza elettrica netta ciascuno, basati su tecnologia BWR. Attualmente quella di Montalto è una cattedrale nel deserto, un edificio vuoto e in decadenza, che testimonia, nella sua interruzione in corso d’opera, un evento segnante nella storia italiana del nucleare.
Qualche preoccupazione la destò già un guasto a Sessa Aurunca, che comportò lo spegnimento di tutto l’impianto. L’incidente di Chernobyl del 1986 naturalmente ebbe un forte impatto sull’opinione pubblica italiana e non solo: inizialmente tenuto nascosto dalle autorità dell’allora Repubblica Socialista Sovietica dell’Ucraina, è ad oggi l’incidente nucleare più grave della Storia, con conseguenze che si estesero oltre i confini nazionali.
Il referendum popolare italiano dell’8 novembre 1987 poneva ai cittadini tre questi sull’energia nucleare: il primo proponeva l’abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare; il secondo proponeva abrogazione dei contributi statali per gli enti locali per la presenza sui loro territori di centrali nucleari; il terzo intendeva impedire all’Enel di partecipare all’estero alla costruzione di centrali nucleari.
Stante il superamento del quorum, con il 65,1% di cittadini recatisi alle urne per la consultazione, tutti e tre le proposte furono accolte con ampio margine di consenso dagli italiani. Anche se, formalmente, nessuno dei quesiti referendari chiedeva la chiusura degli impianti nucleari o l’interruzione dei progetti in corso – a Trino era in costruzione, tra l’altro, un secondo impianto – gli effetti delle nuove disposizioni minarono indirettamente gli sforzi nucleari italiano, al punto che, tra il 1988 e il 1990, i governi in carica posero termine all’esperienza nucleare sul territorio nazionale.
Le tre centrali, all’epoca ancora funzionanti, di Latina, Trino e Caorso vennero chiuse.