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Istat, aumentano i giovani che non lavorano e non studiano (Neet). Preoccupa il fenomeno “skill mismatch”

L’ultimo aggiornamento Istat del sistema Bes (benessere equo e sostenibile dei territori) conferma le preoccupazioni: la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano torna a salire, raggiungendo nel 2020 il 23,3%.

Si tratta dei Neet (not in education, employment or training): un vero e proprio spreco di potenziale umano, un gruppo sociale rassegnato ad un futuro in cui le iniziative si spengono.

Non studiano, non lavorano e non sono impegnati in programmi di formazione per scelta o impossibilità.

Gli ultimi dati Istat dimostrano che il trend è accentuato al Nord (16,8%) e al Centro (19,9%). Il Mezzogiorno, che registra invece una contrazione modesta (-0,4 punti), resta comunque su livelli doppi rispetto al Nord, con circa un giovane di 15-29 anni su tre che non è inserito in un percorso di istruzione o formazione né è occupato.

La provincia con il valore più alto del tasso è quella di Crotone (48%).

A livello europeo, i dati Eurostat dichiarano che attualmente l’Italia – con un tasso del 23,4% – è al primo posto per la presenza di giovani né occupati né in istruzione né in formazione.

Un fenomeno collaterale e altrettanto preoccupante è quello dello ‘skill mismatch’, ossia il profondo gap oggi esistente tra competenze acquisite e competenze richieste dal mercato del lavoro.

Secondo il rapporto “Alleviating the Heavy Toll of the Global Skills Mismatch” pubblicato dal Boston Consulting Group, a livello globale più di 1,3 miliardi di persone risultano eccessivamente qualificate o, al contrario, sottoqualificate per il lavoro che svolgono.

In Italia lo skill mismatch conta addirittura 10 milioni di lavoratori che non corrispondono ai profili professionali ricercati dalle imprese.

Quali sono le conseguenze di tutto ciò?

Il lavoratore viene retribuito meno di quanto meriterebbe, se impiegato in lavori per cui possiede competenze in eccesso (over skilled), viceversa, si assiste ad una complicazione nel processo di assunzione, se il lavoratore non è in possesso delle competenze richieste (under skilled).

Si verifica inoltre una fuga dei talenti, perché le posizioni che i più qualificati potrebbero assumere nelle aziende sono occupate da persone under skilled che, però, godono di tutte le tutele del posto di lavoro (ad esempio tutele sul demansionamento).

Tutto ciò si traduce infine in una perdita di produttività e di competitività per le imprese.