Politica

Quirinale e Massimo D’Alema: ‘No a Mario Draghi, ignoto il designato’

L’elezione prossima del Presidente della Repubblica ha come prima istanza, subito disattesa negli intenti dall’interessato, la rielezione di Sergio Mattarella così da garantire il massimo della continuità e della stabilità al governo di Mario Draghi.

In seconda istanza c’è la delicatissima questione di legittimazione del capo dello Stato, con una platea di grandi elettori verosimilmente ridotta dal Covid, che suggerirebbe dunque di evitare qualunque candidatura di parte, anche per scongiurare il rischio che quelle assenze si rivelino determinanti per la non elezione.

La composizione del prossimo parlamento, e della successiva platea dei grandi elettori, sarà molto diversa, per l’entrata in vigore della riforma costituzionale sul taglio dei seggi.

Per questi motivi, dunque, sembrerebbe molto ragionevole una scelta che avesse anche il significato di una proroga, dovuta a una condizione di oggettiva emergenza, lasciando in qualche misura il futuro impregiudicato, e che dunque, pur senza porre alcun limite al mandato presidenziale, desse un segnale di tregua, aprendo una fase di decantazione che consentisse poi a un nuovo parlamento, quando verrà il momento, di scegliere il successore di Mattarella.

Massimo D’Alema su Quirinale e dintorni indica alcune ragionevoli verità, partendo dal disegno chiaro, quello della destra di Giorgia Meloni che vuole  eleggere il premier con buona pace del folle tentativo di Berlusconi di assaltare il Quirinale, mentre su cosa vuole il centrosinistra dice: ‘Non è chiaro, non riesco a capirlo’, visto che è poco chiaro il desiderio di Enrico Letta, che metterà il cappello su qualunque soluzione che non sia il Cavaliere.

D’Alema torna a ribadire che ‘è impressionante che il ‘draghismo’, cioè uno stato di eccezione, venga eletto a nuovo modello democratico, come se Mario Draghi fosse un Quisling messo lì da Goldman Sachs e non invece dal Parlamento italiano su impulso di Sergio Mattarella. Se non esattamente un usurpatore, almeno un estraneo alla normale lotta politica e dunque un’espressione di non-democrazia.

La pandemia induce a far coincidere la situazione presente con la figura di Mario Draghi, come se, anche a pandemia finita, egli fosse di per se stesso un politico autoritario o perlomeno a-democratico: tesi  di cui ovviamente non solo non v’è prova ma nemmeno il sospetto.

Fatto sta che per D’Alema, e per tutti i sostenitori di un ‘ritorno alla democrazia’, il premier attuale va più o meno abbattuto, come diceva la sinistra extraparlamentare dello Stato borghese ‘che si abbatte e non si cambia’, e dunque è impensabile mandarlo  per 7 anni al Quirinale. Però bisogna tenerselo un altro anno a palazzo Chigi – D’Alema ne è consapevole – perché ben difficilmente un leader diverso da SuperMario potrebbe mantenere unita una maggioranza così larga.   Un anno ancora di Draghi con un programma rinnovato, impegno sul Pnrr e con una legge elettorale proporzionale: detta così, è il contrario di quel lungo governo balneare che probabilmente si avrebbe senza Draghi a palazzo Chigi.

Il che, unito al terrore dei parlamentari di tutti i partiti di scivolare verso le urne una volta caduto il governo Draghi, fa sì che Mario Draghi resterà premier mentre resta incerto e ignoto il nome che verrà proposto per il Quirinale.