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Beni confiscati alla mafia: lo Stato non paga i coadiutori 

Beni confiscati. In Italia, ad oggi sono oltre 23 mila i beni confiscati alla mafia. Di questi, 14 mila sono destinati agli enti locali e pronti per essere riutilizzati dalla cittadinanza. Cristiana Rossi, amministratrice giudiziaria che opera nel settore, denuncia tuttavia che “nessun pagamento può essere disposto” alla sua persona

Beni confiscati: la firma di un protocollo d’intesa

Facciamo una premessa. Il 2 maggio è stato firmato a Roma, presso la sede dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC) un protocollo d’intesa. 

A siglarlo, il Prefetto Bruno Corda, direttore dell’Agenzia nazionale (ANBSC) e il presidente del consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) Prof. Elbano De Nuccio.

Esso ha la finalità di promuovere, sviluppare e coordinare dei programmi di formazione e di ricerca, relativi alla gestione e destinazione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata, attraverso uno scambio di informazioni e di esperienze.

«LAgenzia nazionale non è sufficientemente preparata per gestire questi patrimoni» esordisce la dottoressa Cristiana Rossi. «Ha dunque la necessità di appoggiarsi a figure professionali altamente specializzate per lattività tipica che la legge gli attribuisce. Individuate negli amministratori giudiziari, queste figure vengono successivamente nominate “coadiutori”. Il loro lavoro consiste nel dare prosecuzione allattività di gestione e amministrazione del patrimonio sequestrato e confiscato alla criminalità. Siamo il braccio e le mani dello Stato» – dichiara Rossi a La25oranews.it. Eppure, proprio lo Stato sarebbe insolvente.

Cristiana Rossi racconta la sua vicenda

Cristiana Rossi afferma infatti di aver ricevuto una singolare risposta da parte Prefetto “Nessun pagamento verrà effettuato” per una prestazione che le spetta dal 2019.
Per tali ragioni, la professionista si è vista costretta a promuovere un pignoramento mobiliare per oltre 104mila euro. 

Un caso isolato? 

La vicenda occorsa a Cristiana Rossi è solo un caso isolato? «Non conosco il numero esatto, ma so che molti coadiutori non vengono pagati. Dallazione di pignoramento da me effettuata la settimana scorsa, è nato un contatto continuo con tantissimi colleghi in tutta Italia che devono ricevere i loro compensi dallAgenzia da tanti, tantissimi anni».

Beni confiscati: un grave paradosso 

«Paradossalmente» – prosegue Rossi- «nellultima procedura che lautorità giudiziaria mi ha affidato, è stato inserito un amministratore giudiziario proprio per evitare lo sfruttamento del personale dipendente. Però poi lo Stato sfrutta i coadiutori. Non si può fare la lotta alla criminalità organizzata sfruttando i professionisti»

Stante la situazione, molti coadiutori potrebbero decidere di non accettare futuri incarichi dello Stato. Compiti assolutamente indispensabili, in quanto rappresentano gli ultimi fondamentali passaggi della procedura antimafia.

Cristiana Rossi, dal canto suo, ha annunciato di aver rinunciato a tutti gli incarichi. 

“Una violenza economica inaccettabile” 

La dottoressa definisce la situazione come una “violenza economica”. «E’ inaccettabile che non venga esercitata lazione penale per lo sfruttamento dei coadiutori. Spero che intervengano la Corte dei Conti e la procura della Corte dei Conti». Intanto la Cristiana Rossi ha fatto sapere che procederà con una richiesta di risarcimento danni. 

«Spero»– aggiunge Rossi- «che qualche forza politica riesca a raccogliere questo lavoro con un atteggiamento costruttivo, di condivisione e miglioramento del servizio pubblico e della funzione di recupero sociale importante, affidato alla normativa antimafia. E quindi che il cittadino possa sentire veramente un impegno valido e riparatore dei danni che sono stati fatti fino a oggi».

Le amare conclusioni di Cristiana Rossi

«Quello che io contesto al nostro presidente del consiglio nazionale, è di avere stipulato un protocollo d’intesa con l’Agenzia nazionale, con il prefetto Corda, senza preoccuparsi di verificare come la stessa consideri, nel concreto, la professionalità dei dottori commercialisti.

All’interno del suo organico, l’Agenzia nazionale non è in grado, né per dimensioni, né per competenze e professionalità, di gestire i patrimoni confiscati. Ha necessità dei commercialisti e degli amministratori giudiziari (che possono essere anche degli avvocati) per svolgere la propria funzione. 

Andrebbe bene la formazione, se di contro ci fosse il riconoscimento della grande professionalità, anche a livello pratico dei coadiutori. Ricordo che il compenso dovuto è stabilito dalla legge. Non possono, in modo arbitrario per altro, stabilire loro il compenso. Ci sono dei parametri di legge che devono essere applicati. 

Mi chiedo, infine, come amministra l’agenzia nazionale quelle liquidità?»