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Giorgia Meloni al Consiglio europeo: mediazione su migrazione e dimensione esterna

Giorgia Meloni saluta con soddisfazione la bozza di conclusioni del Consiglio europeo, che  battezza come ‘un’ottima base di partenza’. Il tema  di cui parla, particolarmente importante per l’Italia,  è quello sulla migrazione, su cui il governo Meloni ha puntato fin  dall’inizio della sua presenza a Palazzo Chigi. E’ un incasso politico quello  che incassa la  nostra premier: più fondi raccolti,  nuovi criteri di condivisione, Italia non più isolata, lascia intendere la Meloni: ‘Su migrazione, su Tunisia, su flessibilità nell’utilizzo dei fondi per quanto riguarda le materie economiche, sui primi passi per un fondo sovrano europeo ci sono le posizioni italiane. Mi pare che la bozza di conclusioni sia per noi assolutamente soddisfacente in apertura. Per quanto riguarda le migrazioni, non devo ricordare che quello che oggi c’è scritto nelle conclusioni del Consiglio era probabilmente impensabile 8 mesi fa. Siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista europeo, anche col contributo di altre nazioni, sull’annosa divisione tra paesi di primo approdo e paesi di movimenti secondari,  passando a un ‘approccio unico che risolve i problemi di tutti, che è quello sulla dimensione esterna. Io sono molto soddisfatta dei risultati di questo Consiglio europeo. Le questioni centrali che l’Italia ha posto in questi mesi sono oggi una realtà. Parlo di immigrazione e di concentrare l’attenzione europea sulla migrazione, sulla dimensione esterna. Credo che il ruolo dell’Italia sia stato un ruolo da protagonista in questo Consiglio europeo e chiunque abbia seguito i lavori del Consiglio potrà confermarlo. E quindi sono soddisfatta del lavoro che abbiamo fatto. Io non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali e l’atteggiamento di scelta di Polonia e Ungheria non riguarda quello che è la mia priorità in tema di immigrazione è la dimensione esterna’. Ungheria e Polonia non hanno approvato la bozza di intesa, e i leader a Bruxelles sono stati costretti a escludere il capitolo relativo all’immigrazione dal testo finale delle conclusioni adottate, in cui i due Paesi avevano proposto di introdurre un riferimento alla necessità di approvare decisioni all’unanimità tra i 27 ministri in questo campo, ponendo il veto sulla questione dei ricollocamenti obbligatori e sul meccanismo di compensazione economica a carico dei Paesi che non accettano i migranti. ‘Nel corso del Consiglio Europeo due paesi su 27, la Polonia e l’Ungheria, si sono dette contrarie sia alla sostanza che al metodo con cui si è arrivati ad approvare il Patto sulla migrazione, ovvero a maggioranza qualificata, e hanno una interpretazione differente delle precedenti conclusioni ma altri 25 sono invece d’accordo. Dobbiamo restare calmi, il patto è stato approvato e lavoreremo nella sede del trilogo per la sua definitiva messa in pratica’,  ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. ‘Nonostante capissi perfettamente le posizioni di Polonia e Ungheria, ho tentato, con il consenso di tutti gli altri paesi, una mediazione fino all’ultimo. Continuiamo a lavorarci. Sarò a Varsavia mercoledì.  La questione che pongono polacchi e ungheresi non è peregrina, perché Polonia e Ungheria sono le due nazioni che in Europa si stanno occupando di più dei profughi ucraini. Lo fanno con risorse da parte della Commissione che sono insufficienti.  C’è un modo solo per risolvere il problema per tutti, ed è affrontare i movimenti primari perché altrimenti diventa impossibile affrontare quelli secondari.  Il Patto stipulato a Lussemburgo sulla migrazione non esce ammaccato perché non era in discussione al Consiglio. È stato già discusso e non è un tema che si riapre.  Oltre a proporre du introdurre il principio dell’unanimità nel regolamento, così da potersi sempre opporre alle decisioni sul tema, Polonia e Ungheria hanno chiesto quindi di rimuovere dalle conclusioni dei Consiglio europeo la norma che prevede di redistribuire una parte dei migranti tra i Paesi europei, e di far pagare una sorta di ‘penale’ agli Stati che rifiutano di partecipare ai ricollocamenti, pari a 20mila euro a migrante’. Una posizione, che almeno in apparenza, non sembra impensierire Meloni, che invece insiste sulla necessità di concentrarsi ‘sulla dimensione esterna’: su questo, ha assicurato ancora la premier, ci sarebbe il consenso dei 27: ‘La scelta di Polonia e Ungheria non riguarda la mia priorità in tema d’immigrazione, cioè la questione esterna. Riguarda la dimensione interna e cioè il Patto sulle migrazioni e l’asilo. Ho tentato, con il consenso di tutti gli altri 25, una mediazione fino all’ultimo. Continuiamo a lavorarci. Le conclusioni poi del Consiglio erano concentrate sulla dimensione esterna, ripeto, e su quelle eravamo tutti d’accordo. Ci si continua a lavorare sicuramente’. In questo momento in tanti hanno bisogno di Meloni, cioè del sostegno dell’Italia e del suo pacchetto di un’ottantina di voti ‘conservatori e riformisti’ nell’Europarlamento ora che gli elettori europei si stanno spostando a destra. A Von der Leyen preme aiutare Giorgia Meloni, perché vuole il sostegno della premier quando fra un anno cercherà di farsi rieleggere alla presidenza della Commissione europea Il solo rischio è che Meloni sopravvaluti questa sua forza e finisca per fare dei passi falsi. Attaccare la Bce, mentre si continua a rinviare la ratifica di una modifica marginale al Meccanismo europeo di stabilità, dà solo il segnale all’interno e sui mercati che l’adesione dell’Italia all’euro non è senza riserve. Diventa un modo per ricordare a tutti la vulnerabilità della nostra posizione. Di certo le critiche di un politico non cambieranno la rotta della Bce: data la sua indipendenza, semmai il contrario. E nessuno oggi in Europa trova realistica la tattica dell’Italia di ventilare la ratifica del Mes solo in cambio di regole di bilancio più morbide: nessun altro governo accetterebbe il baratto.