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“Una straordinaria antipatica. Oriana Fallaci giornalista e scrittrice” di Anna Gorini

Anna Gorini, Lei è autrice del libro Una straordinaria antipatica. Oriana Fallaci giornalista e scrittrice, edito da Carocci. Oriana Fallaci ha venduto milioni di libri in tutto il mondo, è stata famosa e temuta tra i potenti, popolarissima tra i lettori: in che modo ha segnato la sua epoca?

Una straordinaria antipatica. Oriana Fallaci giornalista e scrittrice, Anna GoriniOriana Fallaci ha scritto sui personaggi e sui temi che hanno caratterizzato la storia del Novecento, dalla fine degli anni Cinquanta fino ai primi anni Duemila, e lo ha fatto con uno stile originale, in cui si riconoscono padronanza narrativa, rigore nell’uso del linguaggio, capacità di affrontare la complessità e renderla comprensibile a tutti. Ha intercettato con acume e sensibilità la sua contemporaneità, non solo raccontandola in modo dettagliato, ma soprattutto esprimendo militanza, cioè partecipazione, coraggio di esporsi in prima persona e di prendere posizione, conquistandosi plauso e critiche. Esemplare è la vicenda di Lettera a un bambino mai nato, che si è inserita nella battaglia per la legalizzazione dell’aborto, uno dei temi civici più dibattuti negli anni Settanta. Fallaci è stata infine protagonista di un posizionamento divisivo sul piano ideologico, con l’intervento successivo all’attentato del World Trade Center, un evento che è una cesura nella storia recente, forse il momento in cui si è concluso il Novecento, culturalmente e politicamente.

Molto prima di questo, convinta dell’uguaglianza tra i generi, ma tenendosi lontana dalla teoria dei movimenti femministi, è stata la prima inviata di guerra italiana, dopo essere stata la prima giornalista italiana – l’unica in assoluto – a entrare negli ambienti della Nasa per descrivere il programma spaziale all’inizio degli anni Sessanta. Negli Stati Uniti inizialmente era stata mandata da L’Europeo per scrivere reportage sulle celebrità di Hollywood. Rileggendo quelle interviste e quegli articoli, risulta evidente come quegli attori e quei registi già interessassero a Fallaci anche per conoscere e capire l’accelerazione sociale e tecnologica che si stava verificando negli Stati Uniti e che stava arrivando in Europa, a non molti anni di distanza dalla conclusione della seconda guerra mondiale.

Tuttavia, la chiave testimoniale, cioè la partecipazione in prima persona sia nella scrittura giornalistica che narrativa, ha consentito a Fallaci di avere un eccezionale seguito di lettori e anche di raccogliere critiche da parte degli ambienti intellettuali che hanno giudicato il suo lavoro solo popolare, senza coglierne gli spunti innovativi, invece intuiti e apprezzati dal pubblico.

Per sintetizzare, direi che è stata una donna e un’autrice del suo tempo, perché l’ha vissuto intensamente, lo ha conosciuto, lo ha osservato attentamente e lo ha raccontato attraverso forme che i lettori hanno amato. Non è un caso se anche oggi in particolare le sue interviste e i suoi profili sono imprescindibili per capire personaggi dei decenni passati. Penso a Kissinger, ma anche a Natalia Ginzburg o a Pasolini, ma se ne potrebbero citare a decine. L’intervista di Fallaci è come se dicesse la parola definitiva, accorciando la distanza tra noi che leggiamo e il personaggio raccontato.

Come è nato e si è consolidato il suo mito?

Ciò che attualmente definiamo “mito”, è l’insieme potente di significati, valori, metafore che si stratificano addosso a un personaggio. Fallaci era naturalmente destinata a divenire personaggio ricco di significati per l’insieme delle particolarità che hanno contraddistinto la sua biografia: è stata partigiana da ragazzina, poi, come ho detto, prima inviata italiana in America e prima inviata di guerra; ha creato un nuovo genere di intervista, ha portato in Italia il new journalism, ha vissuto esperienze al limite del possibile, rischiando la vita, ha conosciuto i protagonisti della sua epoca, ha fatto scelte personali complicate, come nel caso della storia d’amore con Alekos Panagulis. Certamente il suo divenire personaggio fortemente significativo non è stato solo un esito verificatosi naturalmente, ma Fallaci stessa ha agito per consolidare via via questo personaggio, attraverso scelte dal preciso valore estetico e performativo che l’hanno sì resa celebre, ma hanno in definitiva messo in ombra l’autrice e i suoi testi. Se osserviamo, oggi Fallaci è più spesso citata per la sua biografia che per le sue opere. Rappresentando una sintesi, il mito annulla i dettagli, l’approfondimento, che vanno semmai ricostruiti attraverso la riflessione. Nel mio lavoro ho cercato proprio di concentrare l’attenzione sui testi, sulla scrittura e anche sulla dimensione meno ricordata di Fallaci intellettuale militante negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, mettendo da parte il personaggio eroico e cercando di far emergere l’autrice.

Con le sue interviste, Oriana Fallaci ha conquistato la fama internazionale: quale stile le caratterizza?

Le interviste che hanno reso celebre Fallaci in tutto il mondo sono soprattutto quelle ai grandi personaggi della politica, della guerra, delle lotte rivoluzionarie. Sono sempre il frutto di un lungo lavoro e di molto studio. Si nota in queste innanzitutto molta competenza rispetto agli scenari politici, storici e culturali: Fallaci non improvvisava nulla. Registrava domande e risposte, poi costruiva una sequenza, come una specie di sceneggiatura, facendo iniziare ogni testo con una parte introduttiva nella quale spiegava le circostanze e descriveva i caratteri fisici del personaggio, l’atteggiamento, il luogo dell’intervista stessa. Lei stessa ha spiegato con cura la sua tecnica di “taglia e cuci”, per la quale è stata più volte criticata, senza di fatto non essere mai smentita. Le sue interviste erano lunghissime (oggi non se ne pubblicano più così lunghe, se non su riviste specializzate nei vari settori e sono considerate conversazioni), erano raccolte generalmente in un paio di giorni di colloqui e miravano a restituire non solo le informazioni riferite dall’intervistato, ma anche un ritratto psicologico del personaggio stesso, attraverso domande incalzanti su aspetti interiori, oltre che riferiti al ruolo pubblico. Le interviste di Fallaci sono strutturate come il racconto di un incontro e vi si può rintracciare una sorta di climax, cioè di ascesa della tensione narrativa, poi seguita da uno scioglimento verso la chiusura. E Fallaci è sempre presente in questo racconto, come altra protagonista. Questa pervasività è stata molto criticata, insieme al tono incalzante da lei adottato, ma sono in realtà questi i due elementi che hanno reso celebri i suoi testi.

Quali vicende hanno maggiormente segnato la vita della Fallaci?

L’ambiente famigliare ha molto influito su Fallaci, trasmettendole gli ideali dell’antifascismo e il senso della partecipazione civile, e anche permettendole di venire in contatto con gli intellettuali antifascisti di Firenze. La guerra ha agito fortemente su Fallaci, che fin da giovanissima si è confrontata con la lotta per la libertà, contro la dittatura. Con questo bagaglio di esperienza non ha temuto più tardi di andare come giornalista sul fronte vietnamita, in Messico in mezzo alle manifestazioni studentesche, o dai dittatori per esprimere il suo dissenso nelle interviste. L’incontro con Alekos Panagulis, la morte di Pasolini e in rapida successione quella dello stesso Panagulis determinano un momento di crisi personale e intellettuale. Fallaci lotta per trovare la verità intorno a queste due morti che pubblicamente sono ascritte a cause private, seppur in circostanze diverse, per le quali ha invece la convinzione che vi siano ragioni politiche. Entrambe le vicende determinano un allontanamento di Fallaci dall’ambiente giornalistico e intellettuale italiano, che non le dimostra solidarietà nella sua determinazione di portare avanti una verità diversa da quella sostenuta ufficialmente. A partire da questi eventi la vita di Fallaci cambia, esce dalla redazione dell’Europeo, si dedica ai romanzi e alle grandi interviste ai politici, collaborando in Italia con il Corriere della Sera e in America con il Washington Post e altre testate. Gli attacchi terroristici del 2001 segnano l’impetuoso ritorno sulla scena pubblica. I toni contro l’Islam sono senza argini, mentre la violenza inaudita del terrorismo fa giungere a maturazione idee che erano state espresse negli anni precedenti in un registro privo di quella veemenza. In questa fase Fallaci si avvicina all’area politica della destra.

Quali ragioni motivarono la sua scelta di abitare a New York?

New York per tutto il Novecento ha rappresentato l’ideale di metropoli del mondo occidentale, come fosse l’alter ego evoluto dell’Europa. Ѐ stata la capitale morale e culturale degli Stati Uniti, ci sono i media, le grandi organizzazioni internazionali. Immagino che al di là di ogni motivazione personale vi fosse il desiderio di Fallaci di sentirsi in un luogo che le desse il senso di essere al centro del mondo, al centro degli eventi: un desiderio normale per una giornalista che aveva davvero visto tutto e conosciuto tutti. Non per nulla l’aggressione dell’11 settembre è avvenuta a New York, contro due torri che si chiamavano senza alcuna modestia “World Trade Center”. E Fallaci aveva indovinato, da giornalista qual era: l’11 settembre lei si è trovata dove la storia era in divenire, per usare una sua espressione.

Lettera a un bambino mai nato rappresenta l’esito della partecipazione profonda, emotiva e personale di Fallaci al dilemma etico dell’aborto: come giunse, la giornalista, all’invenzione di tale opera militante?

Lettera a un bambino mai nato è stata scritta nel 1975, nel pieno del dibattito per la legalizzazione dell’aborto. Come è stato detto molte volte e come Fallaci stessa ha raccontato, le venne affidato il compito di scrivere un reportage e si presentò dopo qualche mese con un romanzo. Utilizzò sicuramente appunti già scritti che derivavano da un’esperienza personale e scrisse questo strano libro sotto forma di lettera di una madre al suo bambino che non nasce, stampato in milioni di copie e letto in tutto il mondo in una infinità di traduzioni. Si è parlato sempre molto di quest’opera per capire se fosse pro o contro l’aborto. Ma il significato più importante è l’apertura di uno spazio di riflessione ed emotivo per la donna rispetto a un tema che la riguardava direttamente ma che in quegli anni era discusso soprattutto da uomini, mentre veniva interpellato il piano giuridico, il piano etico, il piano delle convenzioni sociali, e si lasciava poco spazio per sentire la voce della donna, intesa come individuo.

Qual è l’eredità di Oriana Fallaci?

Ѐ stata un’autrice complessa, che ricordiamo oggi prevalentemente per la sua presa di posizione anti- islamica e per la sua straordinaria biografia, che suscita emozioni. Penso che ora possiamo tornare un po’ indietro a considerare la sua scrittura. I testi di Fallaci ci aiuteranno sempre di più a interpretare il Novecento.

Anna Gorini è giornalista professionista. Laureata in Lettere classiche, ha conseguito il dottorato di ricerca in Letteratura contemporanea all’Università degli Studi di Siena