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Fukushima: radiazioni approvate

Negli scorsi giorni, sono iniziate le operazioni di sversamento delle acque, trattate nella centrale nucleare di Fukushima, nell’Oceano. Il deflusso avverrà attraverso un condotto sottomarino che scaricherà le attuali 1,34 milioni di tonnellate di acqua trattata e diluita nei serbatoi con acqua di mare, per abbassare ulteriormente i livelli di radioattività, oggi ben al di sotto del limite di 1500 becquerel per litro.

Per quanto l’Aiea (l’agenzia internazionale per l’energia atomica) tranquillizzi sui livelli di radioattività dei rifiuti, residenti ed istituzioni dei Paesi vicini non possono fare a meno di preoccuparsi.

A 10 anni dall’incidente del 2011, 35.000 persone risultavano ancora sfollate e secondo alcune analisi di Greenpeace, nella prefettura di Fukushima, i livelli di radiazione rimangono ancora alti, talvolta al di sopra dei limiti di sicurezza. In due distinti rapporti delle Nazioni Unite, riguardo le conseguenze sulla salute umana di un incidente radioattivo di livello 7 (il più alto che può raggiungere un evento nucleare o radiologico), si legge che non sarebbe “stato documentato alcun effetto negativo sulla salute degli abitanti di Fukushima che possa essere direttamente attribuito all’esposizione alle radiazioni”.  Eppure, negli anni immediatamente successivi all’incidente, è stato registrato un aumento dei tumori alla tiroide nei bambini e l’acqua è stata contaminata, a lungo, nell’arco di 200km dalla centrale tanto che, a Tokyo, si consigliava di non farla bere ai bambini e la consumazione di pesce locale era proibita.

Non a caso i pescatori di Fukushima sono i primi a protestare contro lo sversamento dei 1000 serbatoi conservati nel sito, mossi, a ragione, dalla paura di non riuscire a vendere il loro pescato.

La Tepco (Tokyo Electric Power Company), la compagnia proprietaria dello stabile sin dagli anni del disastro nucleare, promette di monitorare le acque adiacenti alla centrale e di pubblicare i risultati delle analisi il prima possibile. Ma la promessa non fornisce esattamente il conforto sperato, vista la passata negligenza della Tepco nei confronti di questioni basiche di sicurezza che, se tenute adeguatamente in considerazione, avrebbero potuto evitare la tragedia del 2011.

Anche l’Agenzia per la pesca del Giappone ha dichiarato di voler tenere sotto controllo il pesce pescato nell’arco di 10 chilometri dalla centrale.

La Cina è la prima ad introdurre test radiologici sui prodotti ittici giapponesi, nonché a bloccare l’import da più di dieci prefetture del Sol Levante. “Avviare forzatamente lo scarico è un atto estremamente egoista ed irresponsabile nei confronti dell’interesse pubblico globale” si legge in una nota del ministero degli Esteri cinese, che si pone, con forza, contro una “questione non affatto privata” e “destinata ad affrontare una condanna internazionale per molti anni a venire”. Come fa notare la Cina, non esistono ancora precedenti che possano aiutare a definire uno standard per il deflusso di rifiuti radioattivi in mare: le conseguenze sono del tutto sconosciute.

di Alice Franceschi