Opinioni

Messaggi ingannevoli all’opinione pubblica dalla nomenclatura governativa

Si possono definire messaggi che appartengono di solito ad opposizioni incapaci di offrire programmi politici che si fondono su valori e principi alternativi. In questo caso, al contrario promanano dalla nomenclatura governativa. Non ci riferiamo ovviamente alle bravate di fine anno di questo o quel parlamentare, anche se sono comportamenti che non vanno sottovalutati, ma guardiamo all’immagine che nelle ultime settimane il governo di destra ha cercato di trasmettere all’opinione pubblica, passando da un atteggiamento di prudenza e responsabilità ad una sorta di entità ‘invisibile‘ non classificabile, almeno sul piano formale. Mischia aderenza alla realtà con il richiamo a vecchi e nostalgici schemi ideologici, assolutamente non condivisibili. Molti deputati e senatori, sia di FDI che della Lega, sembrano pervasi da delirio di onnipotenza con pretesa di immunità assoluta, super legem. Proposte di legge fatte e frettolosamente ritirate delineano una sorta di trincea ideologica da parte del governo, fatte con il segreto ed illusorio intento di proteggersi da avversari può o meno immaginari. Questo atteggiamento rischia di stravolgere qualunque prospettiva di adesione ai valori europei, ma soprattutto denota l’incapacità ad esprimere l’interesse nazionale nel senso più unitario e politico del termine. Una difesa inconcepibile di interessi di pezzi di società che non solo entrano in conflitto con le esigenze di crescita del Paese, ma sono tra loro in contrasto e per di più tra le stesse forze di destra. Appare una classe dirigente ansiosa di occupare frettolosamente tutti i posti del potere disponibile, quasi a dimostrazione che non credono  al loro stesso futuro. Eppure con i numeri che hanno in Parlamento, a meno che non decidano di suicidarsi, possono affrontare l’intera legislatura, senza l’ansia degli appuntamenti elettorali. Con questi presupposti possono portare a compimento l’evoluzione della propria identità storica e politica senza rimanere prigionieri di quella poco gloriosa del passato, per nulla condivisibile e prendendo le distanze da un sovranismo che per quanto forte numericamente, diventa sterile quando deve diventare cultura di governo. Addirittura pensare ad alleanze con forze nazionaliste contro lo strapotere politico e strategico militare dell’asse franco- tedesco è mera illusione. Quindi essere leali con la NATO,  appoggiare l’ Ucraina e l’Israele nei loro conflitti bellici, non basta, occorre affiancare quell’europeismo al quale, fino a qualche mese fa, la Meloni si era affiancata. E che dire della farraginosità delle riforme istituzionali messe in campo, contrastanti tra loro. Da una parte il premierato che tende al riaffermarsi di uno stato centrale, dall’altra la riforma delle autonomie regionali che tendono alla decentralizzazione. Molta improvvisazione e scarso acume in questa ipotesi di riforma istituzionale, con il pericolo di incrinare i fondamentali della Democrazia, grazie ai quali Giorgia Meloni, da minoranza politica che era, è diventata leader del primo partito e Presidente del Consiglio.