Società

Il pensionamento a 72 anni del personale docente universitario medico: una questione di sostenibilità economica e di qualità dell’assistenza

Sono ormai mesi che si susseguono voci ed emendamenti circa la possibilità di aumentare l’età pensionabile dei medici a 72 anni, ma tra polemiche e smentite è rimasto ancora tutto fermo.

Per prima cosa bisogna sottolineare che la decisione di rimanere oltre i 70 anni da parte del personale medico sarebbe su base volontaria e ciò consentirebbe di non violare i diritti dei lavoratori medici.

D’altra parte, la necessità nasce dal numero di pensioni dei medici che interesseranno i prossimi anni: 40.000 pensionati entro il 2015.

Figura 1. Fonte dati: Ordine, Enpam, Sisac, Aran, Istat, Corte dei Conti e Ministero della Salute. Il grafico illustra l’impatto della proroga dell’età pensionabile sui medici attivi in Italia. La linea rossa indica la situazione attuale, mostrando un calo dovuto ai pensionamenti annuali. La linea verde rappresenta lo scenario con l’attuazione della proroga fino a 72 anni ed assume che il 50% dei medici in età pensionabile continui a lavorare. Il grafico dimostra come l’estensione dell’età pensionabile possa potenzialmente aiutare a mitigare la carenza di medico

L’idea che ha portato a questa possibile soluzione non è, dunque, il privilegio di ormai pochi baroni, come vengono definiti da alcuni, ma la reale soluzione per sostenere il SSN, negli anni di ricambio generazionale, vista l’attuale mancanza di specialisti. Alcune Regioni hanno dovuto addirittura attingere all’Estero, come la Calabria con il famoso caso dei medici Cubani.

Inoltre, non bisogna trascurare il problema previdenziale. Infatti, si sentono proposte, in questi giorni, circa l’introduzione di un superbonus per i lavoratori che decidono di rimanere in servizio fino a 71 anni, per far fronte alla mancata sostenibilità del sistema previdenziale.

Per fortuna per il futuro le cose dovrebbero migliorare. Da un rapporto di Anaao Assomed, nei prossimi 10 anni i medici in pensione attesi complessivi sono stimabili in oltre 55 mila unità, somma di poco inferiore rispetto al numero complessivo di nuovi specialisti che completeranno l’iter formativo nel decennio considerato, poco piu di 57 mila. Tutto ciò se le borse di studio per la formazione specialistica verranno saturate! Infatti, si è già assistito ad una riduzione delle borse maggiore del 10%, con punte, come per le branche chirurgiche, del 56%. Senza considerare che più del 12% degli specialisti preferisce trasferirsi all’Estero.

Quindi, se nel prossimo futuro si stanno trovando delle misure per ottimizzare il rinnovamento negli ospedali pubblici, il problema rimane nell’immediato. Gli slogan professati da molti “no ai 72 danni, dare spazio ai giovani medici”, sono condivisi da molti, noi per primi, il problema è che attualmente i giovani medici specialisti, che possono sostituire i colleghi che vanno in pensione, non ci sono! Frutto di scellerate scelte del passato e della pandemia da COVID-19, oggi i camici bianchi che vanno in pensione non possono essere sostituiti da giovani medici specialisti per assoluta carenza.

Per risolvere la questione, quindi, si può introdurre una proroga all’età pensionabile volontaria a 72 anni, per il personale medico e universitario medico. Infatti, un professore universitario medico, in età pensionabile, potrebbe oggi contribuire maggiormente alla silver economy e ridurre la spesa pubblica per le pensioni, continuando a svolgere le inscindibili attività assistenziali, di ricerca e didattica, contribuendo così alla formazione delle nuove generazioni di medici e specialisti, contrapponendosi alla riduzione di personale universitario degli ultimi anni. Inoltre, i professori universitari medici potrebbero continuare a svolgere attività di assistenza ospedaliera, essendo personale già altamente qualificato, così come rispondere alla richiesta di formazione di figure altamente specializzate, che andrebbero poi a ricoprire i ruoli apicali, che diventerebbero carenti con il successivo pensionamento di questi professori. Ricordiamoci sempre che i professori universitari medici possiedono una maggiore esperienza e competenza e potrebbero, quindi, fornire cure di qualità superiore di formazione e assistenza di un neoassunto.

Mantenere in servizio su base volontaria, e limitatamente ai prossimi 2-3 anni, i medici che operano nel SSN darebbe tempo ai giovani medici di formarsi, di specializzarsi, per essere il ricambio generazionale dell’immediato futuro. Anche perché perdere delle figure qualificate, esperte, non può che essere una perdita per i nostri ospedali pubblici. Oggi un medico di 70 anni, che fino al giorno prima è stato in reparto, in sala operatoria, in un’aula universitaria, pensate andrà al parco a dare da mangiare alla paperelle? Il giorno dopo la pensione va a lavorare in un ospedale privato; un primario il giorno dopo va a svolgere lo stesso ruolo in qualche clinica privata; un professore universitario il giorno dopo viene ingaggiato da qualche università privata. Opporsi a priori ad una manovra che su base volontaria permette ai medici di rimanere in servizio fino a 72 anni, per un periodo limitato, così da dare il tempo ai giovani medici di formarsi al meglio e prendere in futuro il loro posto, non è forse un danno al SSN ed un assist alla sanità privata?

Dott.ssa Veronica Lepidici

Presidente Associazione Giovani Medici di Roma