Opinioni

Trattori, rischio e grande opportunità. Dalle colonne del Tempo Luigi Bisignani

Caro direttore, «col trattore in tangenziale andiamo a comandare», così cantava Fabio Rovazzi. Ed è successo davvero: i trattori hanno invaso le strade e non è detto che la protesta sia finita. Per il governo Meloni la situazione può rappresentare un rischio ma anche una grande opportunità. Dopo le agevolazioni last minute concesse agli agricoltori, sono ora pronti a scatenare l’inferno i pescatori, i trasportatori, i commercianti, schiacciati dalla grande distribuzione e dalle vendite online, e perfino i raccoglitori di castagne. Ma c’è di più: quello dei trattori è solo un antipasto dei disordini che provocherà l’autonomia differenziata regionale, così come si è visto con l’ultima protesta dei sindaci. Per non parlare delle divisioni sul premierato che, sotto l’ombrello della Costituzione, rischia di spaccare il Paese. Al governo occorre un vero e proprio coordinamento al suo interno, ma soprattutto in sede europea, come dice con lucidità il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. Il rischio per Meloni di inseguire la cronaca dando contentini ai «facinorosi» si traduce nell’esaurimento delle poche risorse a disposizione, oltre a lanciare il messaggio, implicito, che con questo governo basta «strillare» per avere benefici. L’ipotesi di azzerare i costi derivanti dalla parcellizzazione di sussidi, bonus e agevolazioni potrebbe essere una buona idea, lasciando lavorare il viceministro Leo per abbassare, con quel che si risparmia, le tasse per tutti. Gli agricoltori non sono stati i primi a minacciare l’esecutivo: prima di loro lo avevano fatto tassisti e balneari e, per certi versi, anche Stellantis, per gli incentivi auto.

Secondo un sondaggio del Financial Times, il 65% degli americani pensa che le condizioni economiche degli Usa siano negative; da noi, è circa il 41% che stimala propria condizione economica peggiorata mentre il 47,7% la considera stabile ma senza prospettive migliorative. Un problema non da poco per Biden e Meloni. Il primo dovrà affrontare presto una campagna elettorale che, per la prima volta, non vedrà un presidente trainato dall’economia, mentre la seconda, ad oggi senza avversari, passerà indenne le elezioni europee, ma poi? La lunga marcia della premier verso le elezioni politiche rischia di arenarsi sul rallentamento del Pil e sul nuovo patto di stabilità europeo. Meloni non dovrebbe peraltro sottovalutare gli alert arrivati dal mondo degli agricoltori. Sono infatti bastati pochi ritocchi alla legge finanziaria per mobilitare centinaia di trattori e mettere in difficoltà i corpi intermedi, in primis Coldiretti, il principale alleato di questo governo. Basti ricordare che il responsabile delle politiche agricole di Fratelli d’Italia, il deputato Aldo Mattia, era direttore regionale della Coldiretti; lo stesso capo di gabinetto del ministero dell’agricoltura, Raffaele Borriello, arriva dall’Ismea, propagazione di Coldiretti. Peraltro il governo, seppur corso rapidamente ai ripari è ancora sotto attacco, tant’è che la protesta è stata fatta virare verso Bruxelles. Ma la tensione ha lasciato strascichi, pare sfociati in una lite furiosa tra Francesco Lollobrigida e la premier in piena riunione del Cdm, finita con il ministro dell’Agricoltura andato polemicamente via. Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, una soluzione nel cassetto ce l’ha da sempre: ridurre il numero degli scaglioni e abbassare sensibilmente le aliquote Irpef, utilizzando come «copertura» la cancellazione di deduzioni e detrazioni, le cosiddette «spese fiscali»: parliamo di 626 misure destinate a specifiche categorie di imprese o cittadini che gravano sui conti dello Stato per oltre 125 miliardi di euro. Mentre le agevolazioni discriminano alcuni gruppi a vantaggio di altri, la riduzione dell’Irpef sarebbe trasversale e sicuramente più equa. Con un bel taglio delle tasse di anche solo 60 miliardi, la metà dei 125 miliardi in ballo, allora sì che l’Italia cambierebbe volto.

Tuttavia, il dato più preoccupante per la premier è che il 70% degli italiani – come ha certificato Alessandra Ghisleri la top star dei sondaggisti – ha approvato la protesta dei trattori. La classe media italiana ha gli stipendi fermi da 20 anni, a fronte di un costo della vita che, solo negli ultimi 3 anni, è aumentato del 20%. L’economia italiana va bene, ma a vantaggio di chi? Banche e banchieri festeggiano con utili record e il governo, che aveva tentato di tassarli con un’improvvida iniziativa del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, ha fatto subito marcia indietro. Amazon ha distrutto il piccolo commercio italiano, ma non paga le tasse che dovrebbe in Italia, la recente normativa scritta dalle lobbies mondiali e dall’Ocse ha garantito una flat tax del 15% a tutti i colossi informatici, mentre una seria flat tax per commercianti ed artigiani è rimasta una vana promessa. Il made in Italy non è stato mai così poco italiano visto che le importazioni di prodotti stranieri continuano ad affluire in Italia senza barriere e gli acquisti cinesi arrivano nelle case degli italiani tranquillamente dai siti web, magari consegnati da Poste Italiane. Giorgia ha ancora un po’ di tempo per evitare l’ostilità popolare e dimostrare alla classe media italiana di avere i numeri per essere la nuova Thatcher, evitando di diventare la premier dei dietrofront. Ma per passare dalla terra dei cachi alla terra di Meloni, occorre una grande squadra di governo. Un opportuno rimpasto aiuterebbe. Sembra che se ne stia convincendo, ma dopo le trionfali europee. Possibilmente tornando in carrozza e non su un trattore.