Opinioni

Terrorismo, scatta l’allerta massima: gli 007 iraniani infiltrati in Italia. Dalle colonne del Tempo Luigi Bisignani

Caro direttore, al vertice della tensione. Alzato al massimo lo stato di allerta in Italia in occasione della Pasqua ebraica che inizia domani fino al 29 aprile. Quasi in contemporanea con il G7 Energia e Ambiente che si terrà in Piemonte, a Venaria Reale, terra di ambientalisti e no Tav. La scelta del luogo è stata nefasta anche perché, nel programma, si darà grande spazio all’energia nucleare, facendo vedere rosso a tutti i movimenti antagonisti. Pare infatti che stiano preparando una mobilitazione che il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin si ricorderà per parecchio tempo. È da incoscienti aggiungere benzina sul fuoco quando, dopo l’attacco dell’Isis a Mosca, molti paesi in Europa, a partire dalla Francia, hanno provveduto a riclassificare al rialzo la sicurezza. In Italia è la prima volta che accade e c’è molta tensione. Comunque sia, la giusta precauzione del ministro Piantedosi era d’obbligo dopo i report dell’intelligence in cui si afferma la «saldatura» tra estremisti infiltrati pro Palestina e il possibile risveglio di molti «foreign fighters occidentali» pronti ad immolarsi nel nome di Allah. L’aumento della sorveglianza in tutti quei luoghi sensibili, non solo ambasciate, chiese, ministeri, ma anche centri commerciali, stazioni e stadi, è il risultato di numerose riunioni che si sono tenute tra intelligence e apparati di sicurezza.

La più importante è stata organizzata da Stati Uniti e Regno Unito e si è svolta in Inghilterra con la presenza per l’Italia di un alto ufficiale del Ros. In questo periodo, si è molto consolidata la collaborazione tra Polizia e Carabinieri, grazie anche alla sintonia tra i due capi, il prefetto Vittorio Pisani e il generale Teo Luzi. A differenza degli altri paesi europei, le leggi italiane, qualora ci sia il sospetto di un reato di terrorismo, permettono un controllo molto ravvicinato di potenziali estremisti. Attualmente sono circa 200 quelli monitorati, pur con molte difficoltà pratiche, in primis l’utilizzo di dialetti difficili da tradurre. Il fil rouge dei vari dossier internazionali è il ruolo dell’Iran, che svolge in Occidente azioni di spionaggio e sorveglianza verso «target» non conformi al regime e addirittura pone in essere omicidi e rapimenti di dissidenti e attivisti giustificando tali crimini come azioni a protezione dello Stato islamico retto, dal 1989 dalla Guida Suprema Ali Khamenei. La consistente presenza di 007 dell’Ayatollah infiltrati in Italia viene rappresentata alle nostre Autorità anche da studenti iraniani, ad esempio a Lecco, dove frequentano la sede distaccata del Politecnico di Milano. Ebbene, hanno segnalato la presenza di uomini vicini al regime e il timore di essere spiati dopo aver partecipato a manifestazioni a seguito dell’assassinio, da parte della «polizia morale iraniana», di Mahsa Amni, la ragazza uccisa a Teheran a settembre 2022 per non aver indossato correttamente il velo. A ciò si affiancano i circuiti jihadisti sul web che ormai non si contano più, e sempre più spesso incombono «lupi solitari» o gruppi strutturati a compiere attacchi terroristici in nome di Allah.

Per questo i reparti specializzati effettuano screening continui su tre fronti delicatissimi: il dark web, dove è aumentato l’uso per l’apprendimento di esplosivi e l’armamento di droni, il comparto finanziario per tracciare sistemi di finanziamento informali- attraverso quello che il Comitato Sicurezza Finanziaria presso il Mef chiama «Criptocurrency»-e il nuovissimo Casc-Centro analisi per la sicurezza cibernetica, costituito dall’Italia, uno dei primi paesi al mondo. Con il crescente allarme, al Papa è stato sconsigliato di andare in preghiera alla Sinagoga di Roma il 22 aprile, non solo per motivi di sicurezza. Molti ebrei, infatti, adducono ragioni di purezza rituale imposte dal Pesach -come si indica la Pasqua ebraica- senza considerare che la visita, agli occhi dei fanatici, potrebbe apparire una vera e propria provocazione in quanto la tensione tra Vaticano ed Iran è in questo momento altissima. Forse anche perché l’ultima stravagante idea di Papa Francesco di fregiarsi del titolo di Patriarca d’Occidente – definizione scomparsa nel 2006 su disposizione di Benedetto XVI – poteva attendere tempi migliori. Recentemente una batteria antimissile è stata riposizionata sulla terrazza del collegio di Propaganda fide al Gianicolo. La Santa Sede non dispone ancora di droni, ma ha delegato questa misura all’Esercito italiano, grazie soprattutto agli ottimi rapporti tra la Segreteria di Stato vaticana e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Molto protetta, ovviamente, la situation room degli eventi papali che si trova interrata al Palatino, il colle simbolo della romanità. Lontanissimi i tempi in cui Bergoglio incontrò Al Sistani a Najaf in Iraq il 6 marzo 2021. Subito dopo, per i cristiani iracheni, è cominciato l’inferno a causa del governo e delle milizie sciite pro Iran che governano il Paese. Gli sciiti di obbedienza iraniana al potere in Iraq hanno obbligato il patriarca della Chiesa Cattolica caldea, il cardinale Sako, a fuggire da Bagdad dove la Milizia Babilonia (in teoria, composta da cristiani) minacciava la sua vita. Il prelato si è rifugiato a Erbil dove è protetto dalle milizie curde, di osservanza sunnita. Grazie a tutte le comunicazioni decriptate è ormai assodato che lo Stato islamico teocratico dell’Iran aspiri ad un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale e ciò spiega anche tutte le azioni «fuori schema» che è disposto a mettere in campo, a cominciare dalla propaganda jihadista e dagli appelli a tutti i «mujaheddin» di passare all’azione contro gli infedeli. «A poco a poco un filo di lana diventa un tappeto», dice un proverbio persiano. Il terrore è servito.