Lo scacco della Turchia all’Europa

Il mondo occidentale sembra essere sotto scacco dei migranti chi controlla questi flussi ha un potere economico pari a quello dato ai diversi paesi dagli idrocarburi come il petrolio ed il gas. Il mediterraneo crocevia di ingenti flussi migratori torna così ad essere il centro della geopolitica mondiale soprattutto dopo la demilitarializzazione dell’Afghanistan da parte delle forze USA. La storia dei flussi migratori che interessano il Mediterraneo parte da lontano.

Nel 2017 al Summit fra Unione Africana ed Unione Europea tenutosi in Costa D’Avorio, si è focalizzata l’attenzione sui Flussi Migratori tra i due Continenti; a differenza del precedente Summit del 2000 tenutosi al Cairo in cui i temi discussi erano soprattutto Economico-Finanziari.

Il centro del Summit fu il tema delle migrazioni, premendo sui partner africani per una maggiore collaborazione sui temi dei rimpatri e controlli delle rotte migratorie verso l’Europa, come aveva d’altro canto anticipato l’Alto Rappresentante, del momento, Federica Mogherini alla vigilia del vertice, quando affermava che i Paesi africani avrebbero dovuto “fare di più”. In cambio  di questa apertura, l’UE si è detta disponibile a ragionare su “vie legali di migrazione”.

La cooperazione fra Unione Europea e Paesi africani si è approfondita negli anni, a partire dal Vertice di La Valletta del Novembre 2015, quando leader africani ed europei concordarono il lancio dello EU Emergency Trust Fund for Africa, un fondo fiduciario finanziato dalle risorse della cooperazione allo sviluppo europea e, in misura più limitata, dai contributi degli Stati membri, per combattere le cause profonde delle migrazioni in Africa. Il Trust Fund ha finanziato progetti per 1.9 miliardi, talvolta però indirizzati a fini più legati al tema della sicurezza, come l’addestramento dei corpi di frontiera di alcuni Stati africani (si pensi al progetto di capacity building per la Guardia Costiera Libica) oppure i progetti indirizzati a rafforzare la collaborazione fra i Paesi del Sahel e la Libia stessa per i controlli sulla frontiera meridionale del Paese.

Quella della Capacity Building è una attività che la Marina Militare italiana svolge con regolarità e impegno con i Paesi “partner” in ambito NATO, UE ma anche in ambito collaborazioni bilaterali con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo inclusi quelli del nord Africa, più prossimi alle nostre aree di interesse

Proprio il contesto libico e la presenza di centinaia di migliaia di migranti rinchiusi in centri di detenzione dalla dubbia legalità è stata al centro di una dichiarazione congiunta fra le due parti del Summit, in cui si denuncia la violazione dei diritti umani dei migranti in tali strutture e, in generale, lungo le rotte migratorie. Fra le prime azioni, ritorna l’idea di campagne informative rivolte ai giovani, per diffondere la consapevolezza dei rischi del pericoloso viaggio verso l’Europa. Altro punto caro alla diplomazia europea (meno per quella di molti Stati africani) è il sostegno ai rimpatri volontari nel proprio Paese di origine per i migranti bloccati in Libia: una soluzione sempre controversa, data la manifesta volontà di tali persone di spostarsi. Sinora, i programmi di rimpatrio volontario sostenuti dall’UE hanno favorito il movimento di circa 13.000 persone.

Tutto questo prima del 2019 e dell’offensiva di Haftar

Nonostante le numerose conferenze per arrivare ad un accordo diplomatico di risoluzione della divisione in Libia, in cui i due leader hanno più e più volte dichiarato di voler collaborare, l’escalation di scontri e violenze è sfociato ben presto in un vero e proprio conflitto armato tra le due parti. Ad aprile del 2019 le truppe del generale Haftar hanno iniziato ad avanzare verso ovest, portandosi a meno di cento chilometri da Tripoli, con l’obiettivo della conquista militare della capitale libica. Lo scontro aperto fra le due fazioni è stato immediato: il GNA ha arrestato l’avanzata nemica con bombardamenti aerei, mentre l’ONU ha richiesto il cessate il fuoco di entrambe le parti.

La guerra ben presto però è entrata in una decisa fase di stallo, poiché da entrambe le parti c’era una mancanza di forza di prevaricazione sull’altro. Le carte in tavola cambiano solo con l’ingresso in Guerra della Turchia a fianco di Al-Serraj, grazie ad un accordo militare e marittimo siglato a novembre 2019, in cui sono riconosciuti alla Turchia diritti di sfruttamento esclusivo di aree petrolifere nel Mediterraneo al largo di Cipro e Creta. Negli ultimi giorni dell’anno, il generale Haftar ha lanciato un nuovo assalto alla capitale, dichiarato come la “battaglia finale” per il controllo di Tripoli, mentre il GNA si è dichiarato pronto a respingere l’ennesimo tentativo di conquista.

Nel 2020 la Turchia divenne l’ago della bilancia nel conflitto interno alla Libia

L’invio formale delle truppe Turche all’inizio del 2020 cambia radicalmente lo scenario, poiché Haftar, che fino a quel momento era dato per favorito e in procinto di conquistare l’intero controllo sulla capitale, viene costretto a indietreggiare. I tentativi della comunità internazionale di creare un embargo delle armi, come risoluzione dopo la Conferenza di Berlino del gennaio 2020, sono stati insignificanti, e secondo i rapporti di Amnesty International entrambi i fronti schierati in Libia sono complici di crimini di guerra.

L’ombra del Presidente Recep Tayyip Erdoğan si estende sul Mediterraneo

La Turchia è oggi una vera e propria diga per contenere il flusso dei migranti provenienti da Siria, Pakistan, Iraq e Afghanistan diretti sulle rotte dei Balcani.  Dal 2018 anche un’arma con la quale il suo presidente cerca di tenere sotto scacco l’Unione Europea. Basti pensare ai 6,7 miliardi ottenuti dall’Europa per la gestione dei migranti oltre ad ulteriori 500 milioni in arrivo dall’UE oltre alle semplificazioni sui visti europei per i cittadini Turchi. Non solo, il presidente turco ha usato la minaccia dei migranti anche quando a seguito dell’intervento militare nel Nord della Siria l’Europa minacciò nel 2019 Erdoğan di sanzioni, con la quale le sanzioni si sono dissolte in una bolla di sapone.
Quando nel 2020 l’Europa prova a tenere il punto nei confronti della Turchia che provava a battere nuovamente cassa sposta 130.000 migranti sul confine greco, e in pochi mesi l’Europa rinnova l’accordo economico avendo come contropartita il rientro in Turchia di un immigrato per ogni immigrato ri-collocato in Europa. Alla fine dei giochi l’Europa ha ri-collocato 15.000 immigrati ed Erdoğan si è ripreso 2.540 immigrati in 5 anni. Inoltre parte dei soldi versati erano vincolati all’ammodernamento delle Frontiere/Dogane ma sono stati usati per l’acquisto di armi e finanziare la repressione della minoranza Curda.
Sempre nel 2020 Erdoğan appoggia militarmente il governo di Tripoli dandogli di fatto il diritto di sedere al tavolo di governo con la possibilità di controllare i rubinetti dei gasdotti e quindi delle frontiere e se l’Europa o l’Italia, in questo caso direttamente interessata, osano alzare un dito il presidente turco farà userà la leva degli immigrati sicuro di ottenere ciò che chiede.
Difatti il governo libico ha affidato alle milizie turche il controllo dell’immigrazione dai paesi del Sahel e dall’Africa Sub Sahariana, l’addestramento della guardia costiera, anche se quest’ultima era già stata addestrata con accordi bilaterali dalla marina italiana, e la gestione del Porto di Misurata per i prossimi 99 anni.

Immagine realizzata da Gaia Nicolucci

Il presidente del consiglio Mario Draghi lo definì Dittatore, anche se in tanti gli hanno concesso tale scettro. A seguito di tali dichiarazioni l’intero governo libico è stato convocato ad Istanbul facendo capire all’Europa, e in particolare all’Italia, chi comanda in quei luoghi. Questa situazione pone l’Europa e tutto il mondo Occidentale in una posizione scomoda se non si trova una soluzione per la gestione concreta e definitiva del problema dei flussi migratori che non sia solo basata sul Welfare ma un walfare a tutela decrescente accompagnato da investimenti nei paesi di partenza dei migranti economici. Tale assetto operativo condurrebbe ad naturale rientro nei paesi d’origine dei migranti economici con un naturale trasferimento del know-how acquisito in Europa generando Economia e Benessere in patria.
La politica per la gestione di tali flussi minatori non può essere né bianca né nera ma un equilibrio tra Walfare e Africa Investmant due azioni che gestite con Intelighenzia creano un terreno fertile per lo sviluppo di quella parte del mondo che oggi è carente.\n\n