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Reddito: 109 denunce a Bari, lo percepiva anche un capo clan

La guardia di finanza di Bari ha denunciato alle autorità giudiziarie inquirenti di Bari e Trani 109 furbetti del reddito di cittadinanza, persone che non avevano titolo per il sussidio e che avrebbero percepito illecitamente il beneficio, per un complessivo di oltre 900mila euro, anche se condannati per reati di mafia. Dai controlli eseguiti dalle fiamme gialle è infatti emerso che i soggetti denunciati erano gravati da una sentenza di condanna definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso o per altri gravi reati aggravati dal metodo e/o dalla finalità mafiosi. I 109 denunciati sono soggetti residenti nella Citta Metropolitana di Bari e nella provincia. Tra loro anche un esponente di spicco di un clan attivo nel territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani, condannato in via definitiva, oltre che per il reato di associazione mafiosa, anche per il tentato omicidio di un affiliato alla fazione criminale opposta.

“E’ stata accertata l’illegittima erogazione del beneficio ai conviventi di boss ed esponenti di primo piano della criminalità barese, clan Capriati e Di Cosola e di quella attiva nel territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani, clan Cannito-Lattanzio, condannati in via definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso, oltre che, in taluni casi, per omicidio, traffico di sostanze stupefacenti e detenzione di armi”, spiegano gli investigatori in una nota. Dalle indagini, chiamate Veritas, sarebbe emerso che i 109 avrebbero percepito illecitamente la somma complessiva di 900mila euro. In tale contesto è stato già disposto il sequestro di consistenti disponibilità finanziarie, provento del reato, nonché delle carte postamat Rdc utilizzate dagli indagati per il prelevamento del sussidio. “Per definire i target da sottoporre a controllo, si è proceduto a individuare i soggetti gravati da una sentenza di condanna definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso o per altre gravi fattispecie delittuose aggravate dal “metodo” e/o dalla finalità mafiosi”, spiegano gli investigatori.