Arte e Artisti

L’ottava edizione di Arte e vino: sei cantine nella Maremma dove degustare anche con gli occhi

A Capalbio, comune in provincia di Grosseto in cui sorge dal Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle – il parco d’artista nato grazie all’azione mecenatistica della famiglia Caracciolo – arriva l’ottava edizione di Arte e vino, per iniziativa di Maria Concetta Monaci, con la curatela di Davide Sarchioni. Se nel cuore dell’associazione culturale il Frantoio, galleria d’arte no profit ideata dal compianto Philippe Daverio, ristorante e concept store, troviamo la mostra Il luogo dei sogni dedicata proprio a Niki de Saint Phalle, negli spazi di sei cantine sparse nel territorio sono installate altrettante opere d’arte, appositamente realizzate per l’occasione.

ARTE E VINO: ARTE CONTEMPORANEA COME CATALIZZATORE

“Guarda il calor del sole che si fa vivo, giunto a l’omor che de la vita cola” (Dante, Purgatorio Canto XXV): nel solco dei 700 anni dalla scomparsa del Sommo Poeta si svolge l’ottava edizione di Arte e vino, che non vuole “arredare ma ragionare sul luogo, sulle vigne, sul prodotto”, creando un cortocircuito tra “opera, cantina, territorio” e rendendo l’arte contemporanea un catalizzatore naturale in un luogo dove si celebra il cibo, la bellezza e il vivere bene.

ARTE E VINO: LE INSTALLAZIONI DI SAMANTHA PASSANITI E DAVIDE DORMINO

Nella tenuta biologica Il Cerchio si producono vini esclusivamente con viti locali: Alicante in purezza, (arrivato nel Cinquecento in Italia dalla Spagna), Ansonica, Vermentino, Sangiovese, Ciliegiolo e Pugnitello. In questa cantina dall’anima selvatica si inserisce l’opera di Samantha Passaniti: Il Tempio del Cerchio emana vibrazioni ancestrali, ispirato alle forme e al carattere di San Michele Arcangelo di Perugia (V sec), prendendo le sembianze di un recinto mistico. L’opera site-specific è interamente realizzata con materiali raccolti in situ: i pilastri che segnano la circonferenza come il quadrante di una meridiana sono i vecchi pali in disuso del vigneto, le canne di bambù che svettano come pennacchi sono stati ricavati dall’area, i lembi di tessuto che tengono congiunti i gruppi di pali sono stati donati in un intento relazionale che è cuore pulsante dell’opera. Il respiro antropologico e la consonanza con il luogo fanno di questa installazione la più riuscita della manifestazione, rimanendo parte del paesaggio fino al suo depauperamento. Nella Tenuta Monteverro si erge La porta di Apollo di Davide Dormino, prima chiamata Apollo resisti!: si tratta di una porta domestica non monumentale, un varco sulla natura come passaggio fisico ma anche simbolico.

ARTE E VINO: MARCO MILLA E MARIA CRISTINA HAMEL

A La Vigna sul Mare si trova l’installazione del tedesco neo-espressionista Thomas Lange, che traspone nelle ceramiche e nelle terrecotte il suo linguaggio pittorico estremamente rococò e ridondante. Le spigolatrici diventano bagnanti, con riferimento iconografico alla statuaria classica; il colore cola sulla superficie in una moltitudine di strati o viene cosparso in un disegno spontaneo, astratto ma anche figurativo. L’installazione dal titolo evocativo Parnaso vuole simulare un caos ordinato, o forse più un’ebrezza bacchica che scuote e rinnega il ritmo cadenzato degli ulivi, creando un “problematico” giardino nel giardino. L’effetto risulta cacofonico. Come afferma il curatore Sarchioni, l’opera riflette il “complesso rutilante del Giardino dei Tarocchi“, che è il tema portante dell’edizione. Nella stessa cantina si conservano gli interventi di Marco Milia (Roma, 1976) in policarbonato alveolare e Glicine di Maria Christina Hamel (1958, New Delhi) artista e designer.

Vincenzo Pennacchi, Tenuta Montauto

ARTE E VINO: LE ALTRE INSTALLAZIONI

Alla Tenuta Monteti della famiglia Baratta – un luogo dove il paesaggio è disegnato in maniera minuziosa con filari di siepi, ciuffi di piante malva e gigantesche calcareniti – ci accoglie You are Welcome dell’olandese Mara van Wees (studia negli anni ’70 all’Accademia Belli Arti a Rotterdam). L’artista si ispira all’idea di mosaico di Leon Battista Alberti che nei Profugiorum ab aerumna collega la nascita di questa tecnica non a un intento ornamentale, bensì alla volontà di colmare una lacuna: il pavimento era l’unico luogo architettonico a rimanere “nudo e negletto“. Il tappeto componibile di van Wees è composto da forme geometriche semplici, ricavate da materiali industriali: una guaina per tetti impermeabile, una guaina ardesiata e verniciabile, lastre di ferro zincato. La matrice estetica deriva dal Costruttivismo, dal De Stijl, dall’Optical Art e dal Bauhaus. L’intervento dell’Accademia di Aracne, lo stesso gruppo abruzzese che abbiamo visto all’opera a Villa Borghese per Back to Nature, è nella cantina Il Ponte. In Vive le Vin un ulivo secolare viene rivestito con pezze di uncinetto assemblate insieme. L’obiettivo del collettivo è lavorare sulla natura senza intaccarla. La composizione si ispira a un disegno di de Saint Phalle del 1990, Vive l’amour, è visibile infatti un serpente che si snoda su uno dei rami dell’albero. In ultimo, Vincenzo Pennacchi pone a guardia della Tenuta Montauto I Cavalieri, costruiti assemblando oggetti e scarti trovati direttamente in loco.

By Giorgia Basili – artribune.com