Politica

Gad Lerner confonde patriota con camerata per attaccare Giorgia Meloni

La vera ossessione di Gad Lerner è il fascismo e va attaccato anche nei suoi derivati impropri ed inopportuni. Questa volta ingoiato dal suo stesso furore, ovviamente ideologico, confonde patriota con camerata attaccando Giorgia Meloni che aveva usato ad Atreju il termine patriota richiedendo come Capo dello Stato un patriota.

Gad Lerner sui social pubblica un post in cui, in modo arbitrario e discutibile, attacca la Meloni per il fatidico termine menzionato nel suo appassionante discorso di chiusura della kermesse di Fratelli d’Italia. Una riflessione lunga e argomentata, esplicitata nell’ambito di un ampio contesto. La parola finita all’indice, come tutti stancamente sanno ormai, è “patriota“. Reinterpretato etimologicamente e pretestuosamente adattato dall’intellighenzia dem in nome di una “licenza politica” davvero impropria e ingiustificabile.

Gad Lerner recita testualmente: «Giorgia Meloni adopera la parola “patriota” come sinonimo di “camerata”. Cioè come distintivo retorico della sua comunità. Lo schema rimane sempre lo stesso: “Noi siamo veri patrioti, gli altri sono traditori della patria”. Ma il nazionalismo oggi è solo un ferrovecchio riciclato». Una parola messa al bando dalla sinistra e relegata nel dizionario come sinonimo di un mondo e di un periodo storico da rinnegare. Abiurare. Sconfessare e cancellare. Che la Meloni ha rispolverato. Riadattato. Rinvigorito in nome di una politica mirata a ribadire e salvaguardare i diritti e gli interessi del Belpaese e dei suoi cittadini tutti. E, dunque, in occasione del suo discorso di chiusura ad Atreju, declinato in termini comunitari rispetto all’iniquo operato della Ue.

Ma di tutto questo, l’affondo dell’infedele Gad finge di non essersi reso conto. Di ignorarlo in funzione di una rivisitazione quanto più qualunquistica e velenosa possibile. Intanto, perché paragonare i termini “patriota” e “camerata” è discretamente sconsiderato, oltre che un falso, per quanto d’autore, in quanto firmato da uno degli intellettuali di sinistra più rivendicati e omaggiati. Oltre che una bassezza dietrologica, mirata a sventolare il solito, logoro vessillo dell’equivalenza patria-fascismo in termini discriminatori. E totalmente in spregio al dato innegabile secondo cui ormai – e da parecchi anni a questa parte – la storiografia ha “riabilitato” il significato della parola “patria”, al di là di facili revisionismi.

Lerner dimentica – o finge di farlo – che il discorso della presidente di Fratelli d’Italia, quello in cui compare la fatidica parola era rivolto a illustrare e argomentare quello che dovrebbe essere l’atteggiamento di un Paese sensibile e rispettoso nei confronti della sua cittadinanza con l’Unione europea. A partire dalla difesa dei confini nazionali a fronte della dissennata gestione dei flussione migratori, contro cui peraltro, Draghi è tornato ad alzare la voce. Per non parlare di questioni fiscali. Economiche. Per non tacere di questioni culturali e diplomatiche.

Le stesse che hanno portato la Meloni a dire quanto ripreso abbondantemente dai media per la forza della sua metafora: «Io cerco un capo dello Stato gradito agli italiani, non ai francesi, come dice la sinistra. Come dimostra il Pd. Hanno favorito la svendita oltralpe e svenduto le telecomunicazioni. La Fiat, la Borsa. Tutte aziende finite in mano francesi». Concludendo ironicamente: «Palazzo Chigi è l’ufficio Stampa dell’Eliseo: Letta è il suo Rocco Casalino». Parole forti che la sinistra ha mal recepito. Sconfinando e sfruttando demagogicamente il termine “patriota” per dissimulare le proprie responsabilità e mirare dritto sull’avversario. Che, più e meglio degli altri, prova a difendere e a far valere, a Bruxelles e Strasburgo, la difesa di un’identità culturale. Di un Paese in ginocchio. Un diritto e un dovere  che non dovrebbero essere né solo di destra, o di sinistra o di centro: ma un interesse e un obbligo comuni