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L’estremismo dei 5 Stelle e la rivendicazione di una centralità perduta

Mi si accusa spesso di essere filo-Draghi, ma mi pongo di sovente la domanda di cosa sarebbe accaduto in questi quattro mesi, se invece di Draghi nei consessi internazionali si fosse presentato un Premier espresso da forze populiste ed eterogenee. E’ facile capire che il peso e la credibilità del nostro Paese sarebbe stata ridotta nonostante le garanzie del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nelle ultime settimane il governo di emergenza e di unità nazionale sembra attraversato da sussulti e sostenuto da forze nemiche. Basterebbe andare indietro con la memoria al 2018, quando l’attuale Parlamento espresse una maggioranza antieuropea per di più guidata dal Prof Giuseppe Conte, sconosciuto agli italiani, né candidato e né eletto al Parlamento dal Movimento di Beppe Grillo. Una maggioranza tra 5 Stelle e Lega che si sfaldò nel 2019. Ma il Premier Conte è sopravvissuto alle forze populiste e dopo un twit dell’allora Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ” Forza Giuseppi” , si insedia a Palazzo Chigi per guidare  una maggioranza agli antipodi, insieme al Pd e altre forze della sinistra radicale.  Ma si sa, i vecchi amori non si scordano mai e quindi oggi il capo dei grillini e Salvini riprendono ad avvicinarsi. Ma il punto di convergenza questa volta, non è l’antieuropeismo, ma l’ostilità a Mario Draghi e i loro distinguo, ovviamente solo a fini elettoralistici, per le misure adottate dal governo, per altro da loro stessi votate, contro l’aggressione russa dell’Ucraina. Sia chiaro: è doveroso e legittimo criticare un governo che si sostiene , ma è altrettanto doveroso chiedere al Premier che lo guida,  di fare da mediatore tra forze politiche così eterogenee e divise tra loro. Di giorno in giorno cresce la violenza con la quale si attacca Draghi e si sente in giro odore crisi e non la ricerca di un compromesso. Una crisi che potrebbe essere provocata dai grillini, che sono ormai allo sbando, che non hanno più idee da mettere in campo, non possono tornare indietro e proporre l’antieuropeismo, ormai accantonato, né rievocare le loro vecchie pulsioni contro il sistema, che furono alla base della loro nascita e crescita nel Paese, quindi paradossalmente per ritrovare un’identità perduta, non gli resta che mostrarsi ostili al  Presidente del Consiglio. Eppure uno dei loro fondatori, il vero capo del Movimento, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, difende a spada tratta l’operato di Draghi. E’ evidente che è una resa dei conti tutta interna ai grillini, determinata da una leadership opaca e inadeguata di Giuseppe Conte che soffre ancora per la perdita di Palazzo Chigi e per la forza politica, sempre più crescente, di Luigi Di Maio. Quindi il Movimento ha messo da parte quel senso responsabilità politica ed istituzionale dimostrata durante la pandemia e torna ad uno stillicidio di critiche che potrebbe provocare effetti negativi al sistema Paese. E in questo spalleggiati da certa stampa, che ha dimenticato il dovere deontologico del giornalista: fare informazione. Cinque Stelle e Lega sembrano ammiccare alla Russia, che ha aggredito uno stato sovrano. Chissà è forse un debito da saldare! Ma guardano con preoccupazione anche alle urne, ormai vicine. Siamo difronte ad una deriva che va fermata prima che provochi danni irreparabili. Abbiamo una maggioranza che sostiene il governo che si regge su un pilatro che si sta sgretolando e rappresentato dai Cinque stelle che sognano rivincite politiche e personali,  allo stato, irrealizzabili. Sono ormai nel Paese una minoranza e disperatamente e senza lucidità alcuna, rivendicano una centralità perduta.

Andrea Viscardi