CronacaItalia

Social media: le leggi necessarie

I social media vengono percepiti come un prolungamento del mondo reale, eppure funzionano secondo regole sociali e leggi particolarmente ambigue. Nel caos più totale, ci si dimentica anche che il limite minimo di età richiesta legalmente per creare un account in autonomia, in Italia, è 14 anni, già dal 2018. Per i ragazzi più piccoli (con un minimo assoluto, stabilito dall’Unione europea, di 13 anni) si prevede, invece, la richiesta di permesso ai genitori.

Ma mentire sull’anno di nascita è fin troppo semplice: basta scorrere un po’ più a lungo nella barra di selezione dell’anno e un tredicenne diventa, in pochi, eccitanti secondi, quarantenne. In più, non esistono controlli riguardo l’autenticità del permesso genitoriale: anche qui, un ragazzo sveglio ci mette poco a chiedere il cellulare a mamma o a papà e ad autorizzarsi da solo. Di conseguenza, il 79% dei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni usa il cellulare per 4 ore al giorno (tra social, serie tv e videogiochi), due mesi interi davanti allo schermo nell’arco di un anno. Il 33% di loro è ben consapevole di fare un uso spropositato dello smartphone, ma non è riuscito a diminuirne il tempo di utilizzo.

Per comprendere, in maniera efficace, il pericolo di lasciar navigare in libertà ragazzi troppo piccoli, conviene tornare alla frase iniziale: i social vengono percepiti come un prolungamento del mondo reale. Quanti lascerebbero un bambino camminare da solo in una strada affollatissima, dove può incontrare chiunque? È la stessa mancanza di senso critico che non gli permette di schivare challenge mortali e provocazioni pericolose, insensate. Le aziende, poi, non sono responsabili penalmente di quello che accade nelle loro piattaforme, ma hanno soltanto l’obbligo di adoperarsi per rimuovere i contenuti segnalati come inappropriati dagli altri utenti.

Per questi motivi, Azione ha proposto un nuovo modello di accesso ed autorizzazione, sulla scia di una legge francese già approvata nel marzo scorso, che prevede l’innalzamento dell’età minima per il consenso autonomo del trattamento dei dati personali da 14 a 15 anni e per tutti i ragazzi dai 13 ai 15 anni, un rigido sistema di identità digitale che certifichi la loro età e l’autenticità dell’autorizzazione da parte dei genitori. Per le piattaforme che non rispettano la norma, multe fino al 4% del fatturato. “La dipendenza dai social è un fenomeno che comporta conseguenze disastrose sul benessere psicofisico dei ragazzi” spiega Calenda “ e le famiglie sono lasciate sole”.

La Francia va avanti con la regolamentazione dei social e delle professioni annesse, prima fra tutti quella dell’influencer: non potranno più sponsorizzare prodotti contenenti nicotina, gioco d’azzardo e pratiche di chirurgia estetica, e dovranno dichiarare se i loro video sono stati realizzati con un filtro digitale che possa alterare il risultato del prodotto pubblicizzato. Per i contravventori, possibile reclusione e multe fino a 300.000 euro. La legge, come dichiarato dai deputati Delaporte e Vojetta, è nata per tutelare i consumatori più giovani, più facilmente influenzabili e propensi all’acquisto.

Allora, forse, non sarà più necessaria l’ “educazione siberiana” priva di tecnologia che Calenda ha dichiarato di usare con i suoi figli, ma è pur vero che per navigare con maestria nel mare dei social ci vogliono condivisione delle esperienze e formazione a tutto tondo. Questo tipo di educazione non può ancora passare di moda.

di Alice Franceschi