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Ratifica del Mes in acque politiche particolarmente agitate…

Oziosamente, introduco quello già noto a tutti, visto che in questo mio articolo tratteremo di quello che, nel passato recente, si chiamava Salva-Stati, oggi noto come Mes, in esteso Meccanismo europeo di stabilità. Parliamo di un trattato intergovernativo che seguì la crisi finanziaria del 2008-2009, meglio conosciuta in Europa come ‘crisi dei debiti sovrani’. L’aspetto preminente del Mes è quella di concedere, a patto di precise condizioni, assistenza finanziaria ai paesi membri che hanno difficoltà a finanziarsi sul mercato. Il Fondo salva-Stati concede le sue linee di credito ‘a condizionalità semplificata’ solo ai Paesi che hanno rispettato il 3% del deficit/Pil e sono sotto il 60% di debito/Pil nei due anni precedenti.  Nel rispetto di tali parametri l’Italia non potrebbe mai accedervi ma per il governo italiano  sarebbero aperte  le porte  delle linee di credito ‘a condizionalità rafforzata’, leggi Euro-Troika composta da Mes, Bce e Commissione, ovvero  richiesta di assistenza con politiche di austerity annesse. Il Mes è guidato da un ‘Consiglio dei Governatori’ composto dai 19 Ministri delle finanze dell’area dell’euro che decide all’unanimità tutte le principali decisioni (incluse quelle relative alla concessione di assistenza finanziaria e all’approvazione dei protocolli d’intesa). Può operare a maggioranza qualificata (85% cento del capitale) qualora, in caso di minaccia per la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro, la Commissione europea e la Bce richiedano l’assunzione di decisioni urgenti in materia di assistenza finanziaria. Per non perdersi in tecnicismi che annoierebbero chi mi legge è importante definire le linee politiche che si fronteggiano all’ombra del Mes. Il 30 giugno andrà in aula il testo delle opposizioni, Pd, Iv-Azione, PiùEuropa, votato giovedì in Commissione Esteri in assenza del governo e della maggioranza che  decise di non presenziare. Il Mes, ricordiamo, è già stato firmato dai governi Conte ma non è stato mai ratificato, a differenza dei 26 paesi che lo hanno fatto. Se l’Italia non lo  ratifica il Mes non potrà funzionare per nessuno. Per questo motivo Bruxelles è particolarmente irritata. ‘Speriamo che l’Italia ratifichi velocemente la riforma del Mes’, afferma la presidente della Bce Christine Lagarde, riferendosi all’eventualità che il Paese si trovi ad essere l’unico a non aver ratificato la riforma dopo il via libera della Corte costituzionale tedesca. Lagarde ha spiegato che, quanto alla relazione fra il Mes e l’Omt, il programma di acquisto di bond della Bce ideato sotto la presidenza di Mario Draghi che richiede la sottoscrizione di un protocollo d’intesa con il Mes, una mancata ratifica non avrebbe impatto sulla possibilità di attivare l’Omt qualora fosse necessario. Giorgia Meloni desidera che il Mes vada in qualche modo ratificato,  usandolo però anche come moneta di scambio con Bruxelles sui tanti tavoli aperti, dalle rate del Pnrr alle modifiche dello stesso Pnrr, dalla maggiore flessibilità nelle regole del nuovo Patto di stabilità,  allo scomputo degli investimenti green e digital dal debito e dal bilancio. Salvini mantiene un categorico no al Mes, che può mettere in difficoltà la premier. Giorgetti, sotto pressione dagli altri ministri Ue e d’accordo con la premier, ha inviato la lettera ‘tecnica’ alla Commissione Esteri per dire che il Mes non comporta maggiori oneri e rafforza i nostri Btp. A  questo punto bisogna attendere la data del 30 giugno per comprendere se sarà o meno votato l’ennesimo rinvio. Nella stessa data si capirà se la ratifica verrà messa ai voti con la maggioranza assente in aula, con la ratifica che passerà, attribuendo il tutto alla ‘decisione del Parlamento sovrano’. Ultima ipotesi è data  dal Mes che viene votato con allegato un ordine del giorno che impegna il governo a non utilizzarlo e a vincolare al voto del Parlamento ogni decisione in merito. E’ importante cogliere quanto sia importante la vicenda politica legata al Mes, visto che è legata alla stabilità del governo,  della maggioranza e del Paese.