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Unesco: un patrimonio immateriale da preservare

La scena techno di Berlino è stata inserita tra i patrimoni immateriali dell’Unesco, con non poche perplessità da parte di chi è comunque entrato in contatto con il genere musicale, ma all’interno di una cultura che non gli appartiene e finisce per sporcarlo, rovinarlo. Forse complice il recente successo che questo movimento culturale (da adesso in poi, è così che dovremmo definirlo) ha avuto tra le nuove generazioni e sui social, in particolare, i riflettori puntano di nuovo lì, a quella città dilaniata dalla guerra e che ha avuto modo di rialzarsi anche grazie alla musica.

Perché se in Italia la parola “rave” suscita una forma di terrore (giustificata: qui gli eventi autogestiti sono un pericolo), è anche vero che, solitamente, si ha paura di ciò che non si conosce o non si sa gestire. Alla luce della grande affermazione della techno nella cultura moderna, in tutto il mondo, è bene conoscerne le origini e capire perché l’Unesco abbia deciso di inserirla nella lista dei suoi patrimoni.

Bisogna intanto dire che la “club culture” di Berlino è già considerata attività culturale da 3 anni all’interno del governo locale. Il motivo? Non unicamente sociale, ma anche economico: la “night life” della città vale ben 1,5 miliardi di euro. Una realtà da preservare ad ogni costo, anche con rigidissime regole di selezione all’ingresso.

Entrare nei locali berlinesi è talmente complicato, che esiste un sito web ad hoc per poter allenarsi e rispondere adeguatamente al buttafuori del locale più famoso al mondo: il Berghain. Proprio perché il valore culturale della techno è sempre stato estremamente alto per i berlinesi, chi entra nei locali (soprattutto se si tratta di turisti o persone di passaggio), deve essere ben consapevole di dove si trova e rispettare la regola principale: divertirsi, ma sempre all’insegna del rispetto altrui. Poco alcol, pochi schiamazzi e soprattutto, nessuna foto e nessun cellulare in vista.

Un divertimento sano che vale moltissimo sul mercato nazionale, ma non è per questo che l’Unesco ha inserito la techno tra i beni immateriali dell’umanità. Si legge sui documenti: “Fondamentale nel mantenimento della diversità nell’era della globalizzazione; la sua comprensione aiuta il dialogo interculturale ed incoraggia il rispetto reciproco dei diversi modi di vivere.” Gli stessi ideali che hanno mosso una Berlino divisa ad unirsi in musica, molto tempo fa.

 Loveparade è il primo festival techno di Berlino (esiste tutt’ora, ma con il nome Rave the Planet, i cui organizzatori hanno contribuito alla promozione della techno come patrimonio dell’umanità), poi replicato in moltissime altre città. Nella sua primissima edizione del 1989, ha unito i cittadini di entrambe le città (Berlino est ed ovest), anticipando, di pochi mesi (4, per la precisione), la caduta del muro. Un patrimonio dal valore sociale ed economico, nonché storico e culturale: adesso ne siamo certi. Degno vicino della pizza nella lista dei patrimoni immateriali Unesco.

di Alice Franceschi