Opinioni

L’eredità politica di Berlusconi è il centrodestra

La sua grande intuizione fu di forgiarlo ed ora vive di vita propria. Partendo da questo assunto, interrogarsi sulle conseguenze della sua scomparsa significa distinguere gli effetti immediati da quelli a più ampio respiro. Di una cosa possiamo essere sicuri che Forza Italia non vivrà a lungo senza il suo fondatore e per il momento nella coalizione di governo non accadrà nulla di irreparabile. Ci saranno delle frizioni, conflittualità, dovute al fatto che le divisioni all’interno di Forza Italia prima o poi verranno fuori e si ripercuoteranno inevitabilmente all’interno della maggioranza, rendendo molto più faticose di quanto non lo siano già, le mediazioni e le negoziazioni, rallentando di fatto l’azione di governo. La Meloni dovrà rafforzare ancor di più il dialogo con i popolari europei. Quindi possiamo tranquillamente affermare che il nodo più intrigato da sciogliere per la Premier, nel dopo Berlusconi, sarà quello di creare in seno all’UE una grande coalizione tra popolari e conservatori. In Italia, invece, un test interessante, sarà quello del dibattito sulla riforma della giustizia e su come cambierà il dibattito pubblico tra le forze politiche rispetto ad essa. La sinistra non potrà più gridare allo scandalo delle leggi ad personam, così come non potrà ascrivere l’eventuale abolizione del reato di abuso d’ufficio agli interessi dell’azienda del Cavaliere. E se si dovesse arrivare alla riforma della separazione delle carriere dei magistrati, la sinistra si spaccherà, non avendo più il capro espiatorio a cui addossare la responsabilità delle “malefatte “ del governo. Illustri direttori di quotidiani avranno ben poco da scrivere e dovranno, presto, inventarsi un nuovo nemico da additare al pubblico ludibrio. Durante l’era Berlusconi, l’Italia ha vissuto una sorta di radicalizzazione della politica, di barbarie giudiziaria inimmaginabile: nemmeno la guerra fredda era riuscita a fare di peggio. La rivoluzione liberale berlusconiana accese, sin dalla sua discesa in campo, una sorta di guerra di civiltà, che si svolse, oserei dire, in modo antropologico: si combatteva l’uomo e i suoi messaggi, non si badava a fare una politica di opposizione, ma una lotta ad personam. Ma la forza dei suoi messaggi finirono per plasmare anche la sinistra , ancora in parte comunista, che cercò di imitarlo, ma nello stesso tempo abbatterlo per assumerne il ruolo di riformatore liberale. Ancora oggi la sinistra sembra si sia confinata da sola in un recinto da cui non riesce ad uscire e a nulla le servirà agitare il tema del fascismo e antifascismo per crearsi un nuovo nemico da combattere ed abbattere. L’eventuale operazione e’ destinata a morire sul nascere. E a nulla varrà agitare lo spettro del fascismo , se la Meloni dovesse portare avanti l’idea di una riforma costituzionale in senso presidenzialista, perché è poco plausibile che si possa ricreare nel Paese un clima di radicalizzazione come quella dell’era berlusconiana, in quanto gli italiani, questa volta, non si lasceranno ingannare dal canto delle sirene rosse o pseudo tali. C’è anche da sottolineare che un’eventuale sterzata verso uno Stato conservatore ma liberale, non rappresenterebbe uno strappo rispetto alle tradizioni politiche e culturali dell’Italia. Berlusconi quando decise di far politica, capì che se non lo avesse fatto, il Paese sarebbe finito in mani sbagliate e dominato da un pensiero unico, massimalista e antistorico. Per questo mi permetto di affermare che Berlusconi è stato unico e non ha lasciato eredi.